Mai quanto oggi il Santa Maria della Scala diventa fulcro di attività e progetti per il rilancio culturale della città. Il complesso museale che trova spazio nello Spedale più antico d’Europa sarà infatti il punto nevralgico dal quale partiranno iniziative legate alla Francigena – nell’anno del Giubileo – ma non soltanto. E forse si compie davvero quel primo passo che auspichiamo da tanto: non inventarsi nulla ma rendere appetibile e valorizzare un patrimonio inestimabile come quello della città e della provincia di Siena. Per questo Siena News, attraverso la penna curiosa e studiosa di Maura Martellucci e Roberto Cresti, ha deciso di offrire ai lettori un percorso nella storia del Santa Maria. Dalle origini ai giorni nostri passando per i momenti più difficili e per i ruoli di ospedale che hanno caratterizzato la struttura fino alla fine del secolo scorso. Ne scopriremo delle belle, compreso il fatto che spesso quello che diciamo non ha molto fondamento ma che la storia, poi, è un’altra…
Secondo una nota leggenda, l’ospedale di Santa Maria della Scala sarebbe stato fondato da un povero ciabattino di nome Sorore che, alla fine del IX secolo, mosso da amore e carità verso il prossimo, comincia a dare ospitalità, rifocillare e riassettare le scarpe a pellegrini, ammalati e gettatelli nella sua casetta davanti al Duomo, aiutato da Giovanni e da tutta la popolazione senese.
Il più antico riconoscimento dell’esistenza di questo mitico fondatore è dato da un affresco di Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, realizzato nel 1441 per il Pellegrinaio e raffigurante proprio la “Storia di Sorore”. Il pittore mostra la madre che prima del parto ha un sogno rivelatore di quella che sarà la vocazione del figlio: mentre questi scende e sale da una scala appoggiata dalla terra al cielo, gli consegna il primo gettatello. Ancora il Vecchietta, nel 1445, lo rappresenta nella decorazione dell’Arliquiera, con la scala cucita sull’abito penitenziale, e poi nel 1461 nella cornice della Madonna della Misericordia in Palazzo Pubblico. Finché nel 1477 il fondatore viene citato nell’orazione funebre pronunciata in ricordo del rettore dell’ospedale Niccolò Ricoveri.
La figura delineata in queste fonti iconografiche e documentarie, tuttavia, non incontra subito particolare fortuna. Anche la cronaca di Allegretto Allegretti che registra il sensazionale ritrovamento di un corpo nell’ente ospedaliero, risalente al 1492, viene usata solo nel Settecento come prova dell’esistenza del fondatore, individuando quella salma nei resti di Sorore. Il testo, infatti, non avanza mai tale identificazione, e anzi afferma esplicitamente che nessuno sapeva chi fosse quel “morto tutto intero”.
Il corpo solo più tardi viene attribuito a Sorore e sono probabilmente i lavori effettuati fra il 1513 e il 1515 per la decorazione e il riassetto della cappella del Manto, l’occasione propizia per una prima valorizzazione dell’asserita presenza nell’ospedale di una memoria fisica del fondatore. Di certo nel 1575 proprio l’altare della Madonna del Manto ospita e permette di vedere “il corpo di Sorore”, come risulta dagli atti della visita pastorale effettuata da Francesco Bossi.
I tempi, insomma, sono maturi per cristallizzare la leggenda in una biografia scritta. Così nel 1585 viene data alle stampe “La vita del beato Sorore da Siena, fondator del grande ospitale di Santa Maria della Scala in detta sua patria scritta dal molto reverendo padre fra Gregorio Lombardelli”, che con dovizia di “inediti” dettagli narra l’agiografia del ciabattino. Non meraviglia, pertanto, che neppure lo smantellamento della cappella del Manto, compiuto intorno al 1610, abbia messo in discussione la sopravvivenza dei segni memoriali di Sorore, ma anzi sia divenuto l’occasione per una nuova e più coerente valorizzazione delle reliquie del fondatore, il cui presunto corpo venne, con opportuno riallestimento, ospitato entro il nuovo altare.
Poggiata ormai su nuove e “solide” basi, la leggenda di Sorore viene massicciamente veicolata fra Sei e Settecento nel quadro di una strategia culturale e pastorale che mira alla ricattolicizzazione degli ambienti popolari, e non solo, della città. È allora che Sorore dilaga nelle guide e nei testi dedicati alle attrattive e ai monumenti senesi. Solo a partire dall’Ottocento, la figura del fondatore verrà messa ampiamente in discussione dagli studiosi.
Il mitico personaggio di Sorore è senza dubbio frutto di un’esigenza avvertita dal XV secolo: quella di dare un nome, un volto, una storia all’ospedale di Santa Maria, nato in realtà molto tempo prima, come vedremo meglio la prossima puntata. Sorore, insomma, si accompagna degnamente ai più noti Aschio e Senio, protagonisti insieme agli eroi eponimi Camillo e Montonio, del mito della fondazione romana della città. Mito, anch’esso che solo nel corso del Quattrocento viene fissato in un testo per la prima volta.
In tutte queste analoghe operazioni quattrocentesche si cela il bisogno di dare forma definita al passato, valorizzando e manipolando i materiali del deposito memoriale della città con intenti chiaramente nobilitanti e legittimanti. Si costruisce così un passato all’altezza del presente, un passato “nuovo” che sia specchio e fondamento di una rinnovata coscienza cittadina. Strategia a cui certo non può mancare il maggiore ospedale senese, che partecipa a questa inedita esigenza di passato creando un fondatore umile, e al tempo stesso nobile, come il beato Sorore.
Roberto Cresti e Maura Martellucci