Il 24 aprile 1359 a frate Andrea di Grazia dell’ospedale di Santa Maria della Scala viene affidato un incarico davvero importante. L’istituto gli consegna la procura per trattare l’acquisto di un cospicuo quantitativo di reliquie provenienti da Bisanzio, con la garanzia di essere appartenute all’imperatore Costantino.
Si tratta di frammenti ossei di vari santi e martiri, di un chiodo del Crocifisso, ma soprattutto del velo, la cuffia e la cintura di Maria, reperti che per una città così devota alla Madonna sono particolarmente preziosi.
Frate Andrea deve recarsi a Venezia, perché lì è stato fissato l’incontro con il mercante Pietro di Giunta Torrigiani, originario di Signa, ma operante a Costantinopoli, che in quel momento detiene le reliquie. Sostiene di averle acquistate alla Loggia dei veneziani durante un’asta ordinata dall’imperatore Giovanni Cantacuzeno, che in quel periodo versa in precarie condizioni economiche ed è stato costretto a disfarsene.
Così Andrea parte per la città lagunare, ma il motivo del suo viaggio deve ancora rimanere segreto. Ufficialmente deve comperare per l’ospedale non meglio precisati “medicamenti”.
Il 28 maggio è proprio lui, in nome e per conto dell’Ente, che stipula un atto di finta donazione con Pietro Torrigiani e suo figlio Antonio, i quali cedono all’ospedale le reliquie concordate. Roga l’atto il notaio bolognese Albertino Plastellini de Plastelli.
La finta donazione è dovuta ad un motivo ben preciso: si vuole evitare l’accusa di simonia, anche se all’epoca il commercio delle reliquie era vastissimo e assai praticato. In realtà il Santa Maria si espone parecchio da un punto di vista finanziario, in un momento, peraltro, di forte indebitamento.
Le reliquie sono state valutate tremila fiorini d’oro e in cambio il mercante Torrigiani ottiene un vitalizio per sé e i suoi eredi di duecento fiorini d’oro all’anno, pagabili in due rate semestrali di 100 fiorini l’una, oltre all’usufrutto o la disponibilità di abitare, o affittare, una casa dell’ospedale posta nei pressi di palazzo Squarcialupi. In aggiunta l’ente dovrà spendere una cifra ancora imprecisata, ma certo non risibile, per le modifiche all’edificio necessarie a collocare appropriatamente i sacri oggetti, una volta giunti a Siena.
Ma nell’operazione è coinvolto anche il Comune, che da parte sua si accolla le spese per il viaggio, quelle della grandiosa festa che sarà organizzata per accoglierle in città, per la loro prima esposizione, in attesa delle opere strutturali, e per i mutamenti urbanistici alla piazza antistante l’ospedale, che dovrà essere sufficientemente ampliata per la loro solenne esposizione.
Cosa induce l’ospedale e il Comune di Siena ad investire somme così ingenti in questa impresa? Le ragioni sono principalmente due. Da una parte l’acquisizione delle reliquie è una palese operazione di rilancio a livello “internazionale” dell’immagine di entrambi gli enti. Dall’altra sono altrettanto chiari i presupposti per sfruttare economicamente l’affare.
Una scelta di questo tipo, infatti, prospetta un ritorno in termini di prestigio, quanto mai necessario per una città, e un ospedale, che in quel periodo si sostentano soprattutto grazie a coloro che usano la Francigena, viaggiatori, pellegrini o mercanti che siano. Ed avere reliquie così preziose da venerare non può che attirarne in maggior numero.
Alla base dell’acquisto, dunque, ci sono motivi di propaganda, di affermazione, di buona fama della città, che viene deciso consapevolmente in una fase piuttosto critica per Siena e per l’istituto assistenziale. La peste che ha sconvolto la città pochi anni prima, decimando circa ¾ della sua popolazione, ha avuto un effetto assai negativo per il Santa Maria, verso il quale erano stati indirizzati moltissimi lasciti testamentari, eredità che spesso si sono rivelate fallimentari. Forse per questo il deficit è così in rosso.
Anche il Comune non se la passa meglio. Nel 1355 è caduto il Governo dei Nove sotto i colpi delle rivolte organizzate da famiglie di Gentiluomini alleate con gruppi di artigiani, escluse per decenni dal potere cittadino.
Inevitabilmente il mutamento di governo ha ripercussioni immediate anche sull’ospedale. Il nuovo gruppo dirigente inserisce i propri uomini nei ruoli nevralgici della sua amministrazione, che quasi subito si rendono conto della situazione di pesante indebitamento. Non è proprio evidente perché si è arrivati a tanto, aldilà di quanto detto sopra, ma la prima misura assunta va nella direzione non solo del risanamento, ma anche della moralizzazione dell’ente: viene tagliato in termini non proprio simbolici l’appannaggio riconosciuto al Rettore!
Il quale, peraltro, è personaggio particolarmente inviso al Governo dei Dodici, succeduto a quello dei Nove. Cione di Mino Montanini, infatti, è troppo legato a quest’ultimo, e così gli viene affiancata una commissione mista (tre frati dell’ospedale e tre cittadini) che ha il compito precipuo di controllare attentamente il suo operato. Finché nel giugno del 1357 non viene esautorato e sostituito con Andrea di Toro, assai gradito ai Dodici. Ossia proprio da colui che due anni dopo gestirà e concluderà l’operazione dell’acquisto dei sacri resti, con il quale il Comune vuole mostrare alla città e al mondo il suo impegno verso il Santa Maria.
Un acquisto, pertanto, al quale si vuole conferire un significato collettivo, perché non è solo l’ospedale che si arricchisce con le reliquie, ma è l’intera comunità senese spinta a riconoscersi nel suo ente assistenziale, nella devozione comune e, perché no, nel Comune e nel suo Governo. Anche perché sia l’ospedale sia la città sono già consacrate alla Madonna, le cui reliquie, specie il velo come è ovvio, vengono poste al centro della devozione cittadina.
L’operazione di buona fama e di fede attuata dal Comune e dall’ospedale, però, è solo all’inizio. Dopo l’acquisto e il festoso arrivo a Siena, l’impegno massimo viene canalizzato nella ridefinizione degli spazi interni ed esterni del Santa Maria per poter collocare ed esporre al meglio le sacre reliquie. Ma di questo parleremo la prossima settimana.
Roberto Cresti
Maura Martellucci
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