Non solo il 25 novembre ma partiamo da qui Abbiamo raccolto grazie alla collaborazione con Donna chiama Donna, storie di donne che nel corso degli anni si sono rivolte all’associazione e che hanno avuto il coraggio di dire basta. Per ovvi motivi di privacy e di tutela, le donne protagoniste di queste storie non si firmano con il proprio nome. Anche le foto sono generiche. Ma non è un nome, non è un luogo, non è un volto a fare la differenza. Leggendo queste esperienze di vita, ognuno potrà riconoscerci qualcosa che forse ha vissuto.
Ricordo ancora il giorno che ci siamo incontrati.
Era l’ultimo anno di università, un corso noioso di statistica che sembrava non finire mai. Lui si sedette accanto a me e iniziò a farmi domande sulla lezione, fingendo di non aver capito, in realtà intuii subito che era solo un pretesto per iniziare a parlare.
Da quel giorno sono passati 25 anni.
Dopo la laurea, quando gli proposero la cattedra in questa piccola città di provincia, non esitai un secondo. Lasciai la mia casa, la mia famiglia, i miei amici per seguirlo; ero innamorata e sicura che insieme avremmo costruito una vita felice.
Rinunciai al lavoro nell’azienda di famiglia, affittammo un piccolo appartamento, esplorammo la città e facemmo nuove amicizie.
Dopo qualche tempo, trovai lavoro in una società di servizi, un lavoro noioso, ripetitivo e anche se non era quello che avevo sognato, mi accontentai di avere uno stipendio fisso e comprammo casa.
Gianni invece col tempo, dalla cattedra, era passato a ruoli di maggiore responsabilità, viaggiava spesso per l’Italia e all’estero per conferenze e progetti. All’inizio lo seguivo ogni volta che potevo, ma col passare del tempo, il mio lavoro non mi permetteva di assentarmi così spesso, mentre i suoi viaggi erano diventati frequenti e sempre per tempi più lunghi, io dovevo fare i conti con la solitudine. A volte tornava dopo 3 settimane.
Tutte le volte che tornava, era sempre più freddo, sembrava sempre infastidito, a volte avevo la sensazione che non tollerava neanche la mia voce e senza neanche accorgermi ero diventata sempre più silenziosa.
Il poco tempo che passavamo insieme era ovattato, lui era sempre al cellulare oppure davanti alla tv e se provavo a chiedergli qualcosa, lui mi rispondeva sempre seccato “ ma posso rilassarmi un pochino in santa pace?”
Era sempre nervoso ed io non riuscivo ad aiutarlo. Mi sembrava di non conoscerlo più, non sapevo più cosa gli stava succedendo ed io mi sentivo un’estranea.
Il mio sogno di avere un figlio, diventava sempre più un miraggio e l’argomento era diventato solo uno strumento per discutere. Lui non voleva più avere figli e non potevo neanche parlarne, sgranava gli occhi e urlava, una sera ha dato un pugno ad una mensola che avevamo in salotto, tutta la mia collezione di ceramiche che collezionavo fin da ragazza era in frantumi. Mi spaventai così tanto che andai a chiudermi in camera terrorizzata mentre lui continuava ad urlare e a spaccare tutto quello che trovava a tiro.
Questa fu la prima volta, ma fu solo l’inizio.
Ogni volta che tornava a casa, ogni pretesto era buono per litigare e rompere qualcosa.
Non sapevo più quando partiva o tornava, vivevo con l’ansia di tornare a casa e trovarlo lì, sul divano, mentre, quando mi accorgevo che era partito, tiravo su un respiro di sollievo.
La nostra casa era diventata vuota, spoglia di tutti i nostri ricordi, i souvenir dei nostri viaggi, le foto, ma anche le porte, le ante dei mobili, erano tutti rotti.
Col tempo non ho ricevuto a casa più nessuna amica, mi vergognavo, non potevo raccontare quello che stavo vivendo e così anche le mie uscite si erano diradate, anche perchè se lui tornava a casa ed io non c’ero, diventava motivo di scontro, quindi era meglio non rischiare.
Una mattina suonano alla porta e mi consegnano una ingiunzione di pagamento e da lì a poco scopro che Gianni non aveva pagato le rate del mutuo da mesi.
Per comprare casa 10 anni fa, chiedemmo un mutuo intestato a me, Gianni che guadagnava molto di più di me, avrebbe dovuto occuparsi delle rate del mutuo e della macchina.
Era riuscito non solo a nascondermi le notifiche, ma aveva debiti ovunque ed io non mi ero accorta di nulla.
Mi sono rivolta al centro anti violenza perché non sapevo dove sbattere la testa, in tv avevo sentito di una storia simile e poi, sinceramente non sapevo dove altro andare.
Al cav, sono stata accolta e ascoltata, non mi sono sentita giudicata e ho capito che non dovevo essere io a vergognarmi, ma lui.
Ho saputo solo in seguito che Gianni era ludopatico, avevamo debiti con la banca e qualche anno prima, aveva raggirato anche mio padre e con la scusa di un investimento, si era fatto prestare una grossa somma di denaro.
Gianni mi aveva distrutta psicologicamente ed economicamente. Solo dopo il sostegno della psicoterapeuta del cav sono riuscita a vedere tutto con più lucidità, il supporto legale è stato imprescindibile e la mia vita pian piano stava ricominciando a scorrere.
Sono passati diversi anni e anche se non sono più giovanissima ho intenzione di ricominciare, la vita è una sola e merita di essere vissuta perchè non è mai troppo tardi!