Mia cara Costanza,
questo che sta giungendo al termine è stato per te un anno importante. Stai crescendo, ti stai affacciando al mondo dei grandi impegnandoti e seguendo la vita con curiosità. Devo darti però, sperando di non frenare il tuo grande entusiasmo, una notizia inquietante. Hanno giustiziato Babbo Natale. Ma non temere. Babbo Natale non può morire.
“Digione, 24 dicembre 1951. Ieri pomeriggio Babbo Natale è stato impiccato all’inferriata del Duomo di Digione e arso pubblicamente sul sagrato. La spettacolare esecuzione […] era stata fissata con il consenso del clero che aveva condannato Babbo Natale come usurpatore ed eretico.”
Babbo Natale al rogo
L’uccisione di Babbo Natale, è narrata da Claude Lévi-Strauss nel suo “Le Père Noël supplicié” considerato da molti un testo quasi esaustivo sul tema. Costituì la prima pagina di molti giornali, e divise la città di Digione in due fazioni, al punto che Babbo Natale risorse la sera successiva illuminato dai riflettori sul tetto del Municipio. L’accusa rivoltagli era quella di aver paganizzato il Natale, distogliendo l’attenzione dei cristiani dalla ricorrenza che celebra la nascita del Salvatore.
Ma cerchiamo, in queste poche righe, di risalire per quanto possibile alle origini della Festa, anche siamo consapevoli che ciascun elemento simbolico del Natale meriterebbe un articolo di approfondimento.
Il 25 dicembre: festa pagana o religiosa?
Il Natale come lo intendiamo oggi, cioè come la celebrazione della nascita di Gesù, fu ufficializzato da Costantino nell’anno 330, e da Papa Giulio I nel 337. Ma la scelta della data – il 25 dicembre – lo fa sovrapporre a tutta una serie di festeggiamenti già in essere in età pagana, che precedevano il nuovo anno. A Roma, infatti, i Saturnalia (le feste dedicate a Saturno) avevano luogo dal 17 al 23 dicembre. Si trattava di festeggiamenti in cui l’ordine sociale era sovvertito: gli schiavi divenivano padroni e viceversa; in quei giorni avevano luogo sontuosi banchetti, sacrifici, e persino riti orgiastici. Si scambiavano doni: veniva spesso offerto del miele come augurio che “possa l’anno che viene esserti dolce come questo miele”. Una Dea sabina, Strenia, proteggeva la salute pubblica e lo scambio di doni di Capodanno. Dal nome della Dea si fa derivare la parola “strenna” che identifica regali appositamente creati per il Natale.
Il culto del sole e il solstizio
Nello stesso periodo dell’anno troviamo i festeggiamenti legati al culto del sole. Occupandoci per motivi di spazio di ciò che avveniva in terra italica, il 25 dicembre si festeggiava il DIES NATALIS SOLI INVICTI, Il culto del sole “invincibile”, che acquisì importanza a Roma con l’imperatore Eliogabalo: un tempio dedicato alla divinità fu eretto sul colle Palatino. Ma fu Aureliano che consacrò definitivamente un nuovo tempio sul Quirinale il 25 dicembre 274 con una festa chiamata, appunto, Dies Natalis Solis Invicti. Il “sole invitto” è rappresentato in molte monete del tempo, anche se la sua celebrazione è documentata per la prima volta in un calendario, il Cronografo del 354.
Il sole raggiunge nel giorno del solstizio d’inverno – tra il 22 e il 24 dicembre – la sua minima declinazione e, a causa dell’inversione del proprio moto declinatorio, sembra fermarsi nel cielo. Siamo nel momento in cui la notte prevale sul giorno, prima che l’allungarsi delle giornate porti vittoria sulle tenebre. Il sole sembra morire, ma in realtà comincia a rinascere. Anche nelle nostre campagne si usava dire che a Natale “le giornate si allungano quanto il passo di un gallo” ossia poco.
Il Cristianesimo
Il Cristianesimo assume simbolicamente il 25 dicembre come la nascita del “nuovo sole”, il Cristo; la chiesa romana, temendo di non riuscire a sradicare i vecchi culti pagani sovrappone la propria festa più importante nel calendario liturgico ai vecchi festeggiamenti. Papa Leone (m. 461) nel suo “sermone, 22, 6” rimproverava coloro che “nella nostra solennità di questo giorno non vedono la natività di Cristo ma il sorgere del nuovo sole”. Non è certo questa la sede per disquisire sulla data di nascita di Gesù. Ci preme però evidenziare come oltre a spostarla per evidenti fini “pratici” al 25 dicembre, la chiesa romana considerasse l’inizio dell’anno il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione a
Maria ossia “ab incarnatione Domini nostri Jesus Christi”; questo durò fino alla riforma gregoriana del 1582; ciò avveniva presumibilmente per sminuire l’umanità e la carnalità della nascita.
Un tempo fuori dal tempo
Il periodo dei dodici giorni che vanno dal Natale all’Epifania, dedicato fino ad allora al culto della rinascita della natura e del nuovo anno, è stato analizzato proprio per la sua valenza simbolica da molti studiosi. Oltre a Lévi-Strauss consigliamo chi interessato a approfondire l’argomento i saggi La fin de l’annés di Francois-André Isambert; Etnologia del Natale. Una festa paradossale di Martyne Perrot; Treat or trick? San Nicola, Santa Claus, Hallowen di Elvira Stefania Tiberini. È un periodo che è da sempre ritenuto propizio per la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, un “tempo-fuori dal tempo”, considerato “pericoloso”, perché avviene nel periodo in cui l’oscurità è prevalente sulla luce, e anche la natura sembra priva di vita. È un momento che viene esorcizzato con cerimonie e riti apotropaici: i doni, come abbiamo già visto, ma anche l’accensione di candele e di fuochi. Tra questi ultimi il rito del “ciocco di Natale” o “Ceppo”, che in Francia è divenuto un dolce; un legno che simboleggia lo spirito arboreo. Sempre Lévi-Strauss identifica l’albero di Natale come “una soluzione sincretistica concentrando in un solo oggetto esigenze fin qui presentate in condizione separata: albero magico, fuoco, luce duratura, verde permanente”. In effetti è abbastanza evidente come le luci nell’albero, ma anche i ceri accesi, riportino ai grandi fuochi accesi. Al di là degli aspetti simbolici, possiamo ragionevolmente ritenere che l’uso di accendere un grande ciocco o ceppo di legno nelle fredde notti di dicembre sia stato dettato anche dalla necessità di riscaldarsi. Il rito del “ceppo” si trova anche localmente, nelle grandi pire di fuoco ad Abbadia San Salvatore, o nel Chianti, dove tradizionalmente la casa rimane aperta, nella notte della vigilia, finché il ciocco continua a bruciare nel camino. Ma proseguendo nel ciclo festivo dei dodici giorni, osserviamo come le tradizioni popolari “leggano” in ciò che accade in quei dodici giorni ciò che accadrà nei futuri dodici mesi del nuovo anno. E il Cristianesimo inserisce in questi dodici giorni moltissime altre festività cariche di simbolismo, come la festa degli Innocenti (28 dicembre) a ricordo della strage perpetrata da Erode.
San Nicola
Ma in tutto ciò cosa c’entra Babbo Natale – negli Stati Uniti chiamato Santa Claus – il personaggio che crea così tanto imbarazzo e difficoltà alla chiesa francese al punto di metterlo al rogo? La quasi totalità degli antropologi accetta Babbo Natale come la convergenza in una unica figura di più personaggi di tradizione popolare; l’ascendente diretto più noto è un personaggio storico realmente esistito, il vescovo Nicola di Myra. San Nicola nacque a Patara (nell’attuale Turchia) nella seconda metà del secolo III. Divenuto ricco da giovanissimo per la morte dei genitori, fu particolarmente prodigo verso i bisognosi e i bambini. Fu proclamato vescovo di Myra. Le sue reliquie furono portate a Bari da una nave di mercanti (secondo alcune versioni da cavalieri travestiti da mercanti; sempre secondo la leggenda approdò da sola in porto) nel 1087. Il Santo viene raffigurato nell’iconografia tradizionale con la mitra e il manto rossi Il rosso, secondo Cooper, rappresenta il sole e gli Dèi sono spesso dipinti in rosso per denotare poteri
sovrannaturali, sacralità, o poteri solari. Nella raffigurazione ha in mano tre palle d’oro, quest’ultime a memoria del suo miracolo più conosciuto: quello delle tre fanciulle: narra di come San Nicola abbia aiutato tre figlie di un uomo
povero, ma molto devoto, fornendo loro la dote necessaria per sposarsi, evitando che fossero costrette a prostituirsi per far fronte alle difficoltà economiche della famiglia. Nicola, a conoscenza della situazione delle tre ragazze, si recò di notte presso la loro casa e vi gettò dalla finestra un sacchetto pieno di monete d’oro. La cosa si ripeté anche per le altre due sorelle. Secondo alcune versioni del miracolo, il Vescovo per evitare di farsi vedere gettò le monete dal camino, mettendo così le basi alla tradizione che vede Babbo Natale calarsi proprio dal camino.
Babbo Natale, Santa Claus e gli altri…
Si ritiene che Santa Claus sia la contrazione americanizzata di Sanctus Nicolaus. In altre culture nordeuropee viene anche indicato con i nomi di Niklaherr, Samichlaus, Sanda Klaus. Infatti, secondo Belpoliti, “San Nicola è anche un santo che ha molte facce, discendente dagli spiriti che accompagnano il corteo di Hellequin, il cacciatore che rapisce i bambini e guida il corteo dei morti nelle notti invernali”. In Austria e in altri paesi germanici Sankt Nikolaus era accompagnato da un suo “doppio”, un essere maligno dotato di due minacciose corna sul capo, di una lingua che gli
penzolava dalla bocca e di un sacco in cui imprigionava i bambini capricciosi. Probabilmente, secondo Elvira Stefania Tiberini, Babbo Natale venne “esportato” in America a seguito delle migrazioni a partire dal XVII secolo. Già agli inizi dell’Ottocento Babbo Natale-Santa Claus era ben conosciuto lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, e la sua figura fu accuratamente descritta dal poeta Clement Clark Moore nel 1823. Per la prima volta nella poesia si
fa riferimento alla slitta e le renne che sostituiscono il cocchio trainato da cavalli. Anche il suo aspetto iconografico subisce graduali variazioni, prima di giungere all’immagine che oggi ben conosciamo. Una curiosa testimonianza sugli aspetti di Santa Claus è del 1863, quando Thomas Nast illustrò una copertina dell’ “Harper’s Week” mostrando il simpatico vecchietto mentre parla ai soldati, vestito della bandiera dell’Unione durante la Guerra Civile; ma l’iconografia attuale è ancora lontana, e Nast continua a modificare Santa Claus, trasformando – ad esempio – il suo
mantello da marrone chiaro a rosso.
Acqua minerale o Coca Cola?
L’aspetto odierno di Babbo Natale si deve quasi certamente alla diffusione di alcune pubblicità. Haddon Sundblom, disegnatore per la Coca Cola Company, usò come modello un suo vicino di casa – opportunamente adattato, ingrassandolo e rendendolo quasi stucchevole nell’aspetto – per pubblicizzare la celebre bevanda nel 1931. La celebre bevanda era stata costretta a rinunciare all’utilizzo di bambini nelle sue pubblicità e aveva ripiegato sul vecchietto in rosso. Ma la White Rock, produttore di acque minerali, rivendica l’uso di Santa Claus nelle sue pubblicità a partire dal 1915. Vestito di questi nuovi “panni” Santa Claus acquista un’identità precisa, il luogo dove “vive” diventa un luogo-non luogo esotico, reale ma distante, adatto per rapportarsi a un tempo-fuori dal tempo: il Polo Nord, o la Groenlandia.
Ma i doni sono per i bambini?
Babbo Natale assume quindi socialmente il ruolo di mediatore e dispensatore di doni ai bambini. In realtà si può osservare che il dono rivolto i bambini – analogamente a quanto avveniva nei Saturnalia – ha valenza simbolica come omaggio ai defunti, oltre a rivestire una precisa funzione di disciplina nei confronti dei bambini stessi, che ricevono la ricompensa soltanto se si comportano bene.
Physique du Rôle
L’immagine del vecchio suggerisce il paternalismo; la grassezza e la rubicondità rassicurano i bambini sulla bontà del personaggio e sui peccati di gola compiuti, oltre a comunicare simbolicamente benessere e abbondanza. Sempre secondo Lévi-Strauss il consolidarsi di un paradigma basato sul dono non va quindi visto soltanto come una bugia inflitta – sia pure a fini di bene – dagli adulti ai bambini, “ma il risultato di una transazione costosissima tra le due
generazioni”. Una sorta di rito di iniziazione cui gli adulti ricorrono per mantenere l’obbedienza dei bambini, che assumono il ruolo di non iniziati; la promessa visita di Babbo Natale serve a moderare le richieste di doni, e a ricordare ai bambini che i doni ricevuti saranno proporzionali alla loro bontà, arrivando persino ad evocare il dono “negativo”, nella nostra tradizione il carbone o le cipolle, unica forma superstite del personaggio negativo che accompagnava Babbo Natale nelle culture germaniche e che rapiva i bambini cattivi mettendoli dentro a un sacco. Oggi il “nostro” Babbo Natale è buono. Non è né un essere mitologico né un personaggio leggendario, in quanto
mancano gli elementi (il mito della sua origine, o il racconto storico); Lévi Strauss lo colloca invece tra le divinità, poiché il suo aspetto è immutabile, e le richieste dei bambini (che esaudisce con i suoi regali solo se sono buoni) sono fatte sotto forma di lettere e preghiere. È grasso, vestito di rosso, pacioccone e giocondo. Fa pubblicità al panettone cadendovi sopra mentre scende dal camino. O guida un camion pieno di Coca Cola. O una motoslitta che non ha
bisogno di renne, perché ha 500 cavalli. Una grande banca francese ha dovuto cambiare il suo spot dove veniva declamato “Babbo Natale non esiste” dopo il coro di proteste e la quantità di lettere di lamentela dei genitori infuriati. Beh, a pensarci bene oggi è un po’ troppo materialista. Non è un Babbo Natale perfetto. Ma è comunque il sogno di qualcosa di buono per tanti bambini.
Se è sul giornale, esiste.
In America, sul finire dell’Ottocento una bambina di otto anni, Virginia, chiese a suo padre se esistesse davvero Santa Claus, poiché i suoi amichetti asserivano il contrario. Il padre, un medico, le suggerì di scrivere al giornale The Sun, assicurandola che “If you see it in The Sun, it’s so.” Se The Sun lo scrive, significa che è vero. La risposta del cronista fu “Yes, VIRGINIA, there is a Santa Claus.” Sì,Virginia, Santa Claus esiste, esiste come esistono l’amore, la generosità, la devozione. E tu sai che questi valori ti rendono la vita più felice e ti fanno diventare una persona migliore.
Ecco, Costanza, il vero spirito del Natale. È il bene. Indipendentemente dal credo religioso di ciascuno di noi. E il bene, finché ci sarà qualcuno che vi crede, non si può giustiziare, come hanno fatto a Digione, perché rinasce. Rifletti anche sul fatto che tutti i tuoi cari – me compreso, insieme a moltissimi lettori di questo articolo –
hanno creduto in Babbo Natale. E quando fra qualche anno qualcuno dirà al tuo fratellino Niccolò che Babbo Natale non esiste, aiutami a convincerlo che lo spirito del Natale esiste e non può morire.
Il tuo Babbo, Natale 2017