Via del Refe Nero, che unisce via del Giglio con via dei Rossi, è denominazione remota e probabilmente si deve alla presenza di qualche bottega (forse dell’Arte dei Linaioli) che produceva e vendeva il refe (un filo grezzo) tinto, forse, in prevalenza, nero o comunque scuro. Il sostantivo refe, etimo di origine incerta, forse proveniente dalla voce latina “ripe” oppure dal veneto “reve“, ma più probabilmente dall’aggettivo latino “refidus” – “rifidus” di formazione analoga a “bifidus“, indica un prodotto tessile ottenuto dall’accoppiamento di due o più capi di filati dello stesso titolo fra loro ritorti. In genere sono usate fibre vegetali, quali la canapa (il refe di canapa serve per cucire tele pesanti, sacchi o per confezionare arnesi per la pesca) la iuta o il lino (il cui refe è impiegato come cucirino o per ricamo).
Lungo via del Refe Nero, quasi al suo imbocco in via dei Rossi, si nota una gabbia in ferro battuto murata sull’edificio a destra salendo, che al suo interno contiene una testa mozzata con un copricapo, conficcata in uno dei ferri. L’ornamento in questione si deve ad un antiquario che fu proprietario del palazzo ai primi del Novecento e che oltre a questo, abbastanza inquietante ma d’altronde il palazzo è detto del Diavolo Rosso, inserì nella facciata altri stemmi e numerosi frammenti scultorei ad abbellimento dell’intero edificio.
E sarà proprio in via del Refe Nero che, il 18 novembre 1893, si riunirà per la prima volta un gruppo di cittadini che, spinti da spirito di volontariato, darà vita a quella che, ancora oggi, è la Pubblica Assistenza di Siena.
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