Via del Rialto era famosa per la casa di piacere più “a buon mercato” della città. In più, via del Rialto ospitava il vinaio Cafiero, conosciuto in tutta Siena.
Via del Rialto scende dal Porrione nell’antica piazzetta di San Giusto. Il nome “Rialto” ha creato molte leggende intorno alla sua origine. Leggendo in maniera erronea una notizia riportata dallo storico Giugurta Tommasi, che indicava la strada come “Via del Re Alto”, sia Girolamo Macchi sia Girolamo Gigli ipotizzarono che il termine facesse capo a tal Pietro Gallari de’ Grandi di Siena, un uomo famoso per la sua imponente statura e per le sue immense ricchezze derivate dal possedere numerose miniere d’argento.
I minatori del Gallari, narra Gigli, chiamavano il loro signore “Re Alto” e proprio in suo onore costruirono una torre vicino a San Martino (la torre dei Siri Galli) e la intitolarono, scrive lo storico, “Realto (…) a riguardo della di lui consorte”. In realtà, come sempre accade, l’origine del nome è molto meno poetica della tradizione: Rialto, probabilmente, deriva da “rialzo”, cioè da luogo o strada in rilievo rispetto ad una superficie piana o rispetto ad una via, forse più importante, che correva in basso.
La denominazione Rialto esiste già nel 1255, quando vengono pagati due collettori del dazio della Lira “de Realto”, ed é ormai consolidata nel 1292, quando il Comune di Siena stabilì che tutte le vie ed i vicoli stretti e bui, tra cui appunto anche il Rialto, venissero liberati da ballatoi e balconi in legno, perché le strade dovevano risultare sgombre “usque ad celum”. Il provvedimento risulta di grande interesse anche perché l’eliminazione di tali infrastrutture in legno era volta a limitare al massimo il pericolo di incendi.
Due curiosità su Via del Rialto: fino alla promulgazione della legge Merlin (1958) il n. 16 di questa strada era famoso perché vi si trovava una delle “case di piacere” più celebri e frequentate di Siena. Era vietata ai minori di 18 anni e le “signorine” normalmente sostavano nelle “case” 15 giorni, la cosiddetta “quindicina” (poi cambiavano città): ogni due settimane, la tradizione voleva che le nuove arrivate attraversassero la città a bordo di una carrozza per mostrarsi ai clienti.
Si racconta che la casa in Via del Rialto, rispetto ad altri, era più “a buon mercato”, per cui frequentata da garzoni, artigiani e contadini. Esisteva, tuttavia, un ingresso riservato a clienti particolari (facoltosi, oppure che non dovevano essere visti) e un separè nascondeva alla vista gli anonimi. Via del Rialto, inoltre, fino al 1982 era famosa anche perché esisteva un vinaio conosciuto da tutti a Siena: Cafiero. La leggenda vuole che alcuni ragazzi portassero le proprie fidanzate da Cafiero (luogo non propriamente pulito, di non facile approccio per “signorine bene”) e se queste superavano in modo positivo e senza batter ciglio il “Cafiero test” allora erano sicuramente “da sposare”. L’osteria Cafiero, in realtà, fino agli anni ’80 del Novecento è stata custode di profonde tradizioni popolari di storie e canti da osteria, raccolte, nella sua tesi di Laurea e, ora, in un libro, da Francesco Burroni.
Maura Martellucci
Roberto Cresti