Via di Sinitraia conduceva ai sotterranei della caserma che contenevano munizioni e salnitro. Inizialmente chiamata “Salnitraia”, la pronuncia popolare la trasformò in Sinitraia.
Via di Sinitraia oggi è una strada frequentatissima, grazie anche alla “seconda gioventù” che ha conosciuto dopo l’apertura delle scale mobili che conducono al posteggio e all’albergo situati in via Baldassarre Peruzzi. Fino a non molti anni fa, tuttavia, Sinitraia era conosciuta probabilmente solo ai pochi residenti dei numeri civici che vi si aprono, tanto che ancora negli anni Settanta del secolo scorso era sbarrata da un cancello, le tracce dei cui cardini ancora si possono vedere all’imbocco della strada.
D’altronde la via era rimasta senza sfondo addirittura dalla metà del Quattrocento, quando fu terminato il tratto di mura urbane che dalla chiesa di Santo Spirito arrivò fino alla porta di Ovile, includendo dentro la città la basilica di San Francesco e la fonte di Follonica. Prima di allora, infatti, via di Sinitraia era il proseguimento della strada che dalla porta dei Frati Minori (l’odierno arco di San Francesco) conduceva alla fonte di Ovile, fuori della porta omonima, e ai mulini di Ravacciano.
Questa strada, però, veniva sfruttata da molti per frodare la gabella, e così nel 1401 il Comune decise di costruire quest’ultimo brano di cinta muraria, che, di fatto, chiuse l’antico percorso di Sinitraia, rendendolo inutile. La denominazione “Sinitraia” è stata sancita ufficialmente soltanto nel 1984 (delibera n. 427 del 21 giugno), quando venne apposta a targa, benché lo stravagante toponimo sia già attestato in una carta di inizio Ottocento. La sua origine, in effetti, risale proprio ai primi decenni del XIX secolo, quando la sfortunata chiesa di San Francesco (che non ha mai avuto una vita felice: nell’ultima guerra mondiale fu uno dei pochi edifici del centro storico devastati dai bombardamenti; nel 1655 un furioso incendio l’aveva quasi distrutta facendole perdere le forme originali.
La foggia del campanile attuale, inaugurato nel 1763 e progettato da Paolo Posi, è una testimonianza dei rifacimenti dell’epoca) venne sconsacrata e adibita ad altro uso. La comunità conventuale era già stata allontanata nel 1810, e nel 1859 l’edificio dismesso fu adibito a caserma militare. La cripta fu trasformata in deposito di munizioni e di salnitro, componente essenziale della polvere da sparo. Proprio da questa funzione la via che portava all’ex cripta fu detta di “Salnitraia”, che nella pronuncia popolare si trasformò ben presto in “Sinitraia”.
Per la cronaca, la chiesa di San Francesco fu restaurata con un intervento progettato dall’architetto Giuseppe Partini, durato dal 1885 al 1894, quando fu solennemente riaperta e restituita ai frati conventuali francescani. La strada che portava alla cripta, tuttavia, non cambiò nome e rimase per sempre via di Sinitraia a ricordo di quando conduceva ai sotterranei di una regia caserma.