Intervista al rapper torinese Willie Peyote, che mercoledì ai Rinnovati sarà uno dei protagonisti dello spettacolo inedito “From riff to rap”
Un poker d’assi musicali mercoledì prossimo inaugurerà sul palco del Teatro dei Rinnovati un inedito progetto. “From riff to rap”, questo il nome dello show, sarà un viaggio attraverso tra due generi simbolo della cultura afroamericana: il jazz e il rap.
Lo spettacolo, che rientra nella rassegna Rinnòvati Rinnovati, vedrà protagonisti lo speaker-dj-guru Alessio Bertallot, il talento del piano jazz Giuseppe Vitale – coadiuvato da Luca Romeo al basso e Elvin Betti alla batteria – e i rapper Raige e Willie Peyote.
Bertallot si occuperà di selezionare alcuni riff ritenuti fondamentali nella storia del jazz che verranno successivamente rielaborati dalla band guidata da Giuseppe Vitale per creare le basi ritmiche su cui i rapper declameranno i loro testi.
Willie Peyote, uno dei rapper più interessanti del panorama italiano per l’eleganza dello stile e per l’originalità delle tematiche affrontate, ci racconta cosa accadrà sul palco dei Rinnovati.
Sarà uno dei protagonisti dello spettacolo inedito “From riff to rap”. Cosa sentiremo e vedremo?
«Sarà la
prima assoluta di questo progetto. Per farla breve, sentirete il rap e il jazz
mischiati in modo originale. Prenderemo spunto dai riff di alcuni standard del
jazz riadattati in chiave rap. Giuseppe Vitale avrà spazio per dimostrare tutto
il suo talento da giovane promessa del jazz, io e Raige invece metteremo le
“barre” (Una barra è in pratica uno dei versi che compongono una strofa rap,
ndr)».
Avete già preparato qualcosa o sarà tutto improvvisato sul momento?
«Ci saranno
alcuni spazi lasciati all’improvvisazione, però arriveremo preparati, perché lo
spettacolo è stato provato».
Il jazz e il rap sono due culture musicali afroamericane. Qual è il rapporto tra loro?
«Si può
dire che il rap è il nipote del jazz. Nel campionamento dei dischi jazz, soul e
funk il rap ha trovato la sua linfa. Il rap discende direttamente dai generi
inventati dagli afroamericani precedentemente».
A livello di tematiche liriche, lei e Raige avrete campo libero o c’è qualcosa di preimpostato?
«Sia a me
che a Raige piace variare, quindi porteremo sul palco un ampio campionario di
temi. Spazieremo dall’amore alle questioni sociali, non tralasciando le
relazioni interpersonali intese in un senso più ampio».
Al centro dello spettacolo ci saranno due generi nati dalla cultura afroamericana. Quali saranno invece i collegamenti con l’Italia?
.«Ci
saranno riferimenti a maestri della musica italiana, non solo jazz, nei pezzi
che abbiamo deciso di rielaborare. L’italianità sarà poi nel nostro
linguaggio».
Nella sua carriera artistica non è nuovo a contaminazioni con la musica suonata…
«Ho avuto
la fortuna di crescere in una famiglia di musicisti. Il mio rapporto con i
generi è libero, non ho preferenze. Ho scelto come linguaggio comunicativo il
rap come tale. Mi piace mischiare tanti ingredienti diversi per trovare una
ricetta che non è quella che ci si aspetterebbe».
Lunedì 25 incontrerete gli studenti dell’Università degli Studi di Siena. Cosa si aspetta da questo confronto?
«Sono
curioso. Non è il primo incontro di questo genere che faccio e sono sempre
interessato a capire dove i ragazzi vogliano portare il dibattito. Secondo me,
potrebbero essere interessanti domande su come si lavora nel mondo della
musica».
Quali saranno i suoi prossimi progetti?
«Prenderemo
il fiato per quanto riguarda l’attività live, l’anno scorso abbiamo fatto più
di cento date. Stiamo lavorando al disco nuovo ma non posso spoilerare niente al riguardo».
Emilio Mariotti