Siamo davvero a un bivio rispetto alle scelte economiche, culturali e politiche da compiere? Ci troviamo sulla strada che indica di trasformare la nostra società?
È il pensiero dell’ultimo Rapporto Eurispes sull’Italia. Mi soffermo su alcuni dati che sono campanello di allarme dell’impoverimento economico, dal quale si intravede un impoverimento drammatico, che è quello culturale.
Secondo il Rapporto, seppur rispetto alle precedenti rilevazioni emerge un lieve miglioramento di alcuni indicatori della situazione economica delle famiglie italiane, il 57,4% della popolazione si trova a dover affrontare situazioni difficili come quella di non riuscire ad arrivare a fine mese, senza grandi difficoltà. Per alcune famiglie bollette (33,1%), affitto (45,5%) e rate del mutuo (32,1%) oggi sono un problema. Poco più di uno su quattro riesce a risparmiare, il 28,3%, mentre il 36,8% attinge ai risparmi per arrivare a fine mese.
Una prima riflessione: carovita e non corrispondente adeguamento degli stipendi pesano sulla serenità e impoveriscono tutti, ma mettono in difficoltà soprattutto una parte delle famiglie italiane, che, sempre secondo le rilevazioni: ricorrono a chiedere aiuto alla famiglia d’origine, o anche ad amici e colleghi; acquistano a rate; pagano a nero alcuni servizi come ripetizioni, baby-sitter. Ma quello che fa davvero, a mio avviso, saltare sulla sedia, è che quasi 3 italiani su 10 rinunciano a cure/interventi dentistici o a controlli medici. Un segnale di impoverimento sociale delle tutele pubbliche, che, evidentemente, non riescono a far fronte nei tempi e nelle modalità alle richieste di cure e di assistenza sanitaria. Rinunciare a curarsi per mancanza di soldi è davvero un’immagine drammatica che fino a qualche tempo fa, in diversi di noi, pensavamo non ci appartenesse affatto come Paese. In particolare: quando affrontare le spese mediche mette in difficoltà (28,3% dei casi), le rinunce toccano anche la salute e si fa a meno di visite specialistiche per disturbi o patologie specifiche (23,1%), terapie/interventi medici (17,3%), acquisto di medicinali (15,9%).
Un altro numero che mi colpisce è questo: il 15,3% ha dovuto vendere o ha perso beni come la casa o l’attività commerciale/imprenditoriale.
Sono segnali importanti di un’involuzione nello sviluppo economico e sociale; segnali da correggere. È una parte del mondo reale che non si vuole vedere, ma esiste. Situazioni critiche che allargano la povertà economica alla povertà educativa, e alle disuguaglianze tra le generazioni. Situazioni che richiedono di trasformare un modello socioculturale che non è in grado di proteggere i più vulnerabili.
In Italia, nel 2022, dei minori, si trovavano in condizione di povertà assoluta il 13,4%, e in povertà relativa il 23,5%: quasi 3 milioni e mezzo di bambini e adolescenti che sono il futuro, in pericolo, perché le difficoltà economiche mettono a rischio il percorso culturale di evoluzione e la possibilità di poter contare sul proprio capitale umano per elevarsi nella società.
Sono d’accordo con il Rapporto: 1. Ritorniamo alla centralità dell’uomo; 2. Ripensiamo i sistemi avanzati secondo criteri di redistribuzione della ricchezza; 3. Collochiamo l’educazione, insieme all’educazione ai media e alle nuove tecnologie, come elemento portante delle economie in termini di capacità di produzione di ricchezza.
Cambiamo il futuro!
Maria Luisa Visione