Il collocamento del BTP valore chiude con 17,2 miliardi di euro, ricevendo apprezzamento dai risparmiatori. Cedola fissa superiore al 4%, con stacco trimestrale e meccanismo crescente, insieme al premio fedeltà alla scadenza, convincono sulla durata quinquennale del Titolo di Stato.
Ma l’accelerazione sul mercato dei Titoli di Stato non riguarda solo le nuove emissioni; il decennale, per la prima volta dal 2011, dopo la crisi del debito sovrano, sfiora il 5% nell’ultima settimana, con lo spread che arriva a quota 204 punti in una giornata, per poi ripiegare. Valori che non si vedevano da molto tempo, sui quali il Governo rassicura, affermando la solidità del nostro Paese.
Per chi ha memoria, però, non sono poi così lontani i tempi in cui le differenze nelle condizioni di finanza pubblica e nel tasso di crescita degli Stati dell’Area Euro, avevano evidenziato la vulnerabilità dei Paesi periferici, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, causata dalle stringenti regole di bilancio e dal controllo del deficit, proprio quando l’economia mondiale era in difficoltà. Alle spalle c’erano il salvataggio della Grecia e la crisi del sistema bancario irlandese, che avevano visto l’intervento della Troika, UE, BCE e FMI, a maggio 2011, e forti tensioni sui mercati finanziari, oltre alla paura del contagio della crisi sul sistema, in particolare per i titoli bancari.
Di fatto, la politica di Austerity adottata dalla Troika non rallentò ma accentuò la recessione economica, e questa è storia. Come lo è la salita repentina dei rendimenti del BTP decennale, fino al 7%, con il differenziale di rendimento rispetto al Bund tedesco passato in pochi mesi da valori inferiori ai 200 punti base a valori arrivati a 570 punti nel mese di novembre 2011. Movimenti non indenni da attacchi speculativi, con la percezione del rischio sovrano per l’Italia, meno sicura dei titoli tedeschi, e a rischio default. Almeno sulla carta. E questo è un passaggio storico che ricordo con chiarezza “da consulente” perché ha rappresentato per i risparmiatori italiani la fine di una certezza granitica: rendimento sicuro e senza rischio dei Titoli di Stato.
Cosa sta accadendo oggi? Siamo tornati all’idea che ci sono investimenti sicuri? E qual è il quadro macroeconomico nel quale si posiziona il rischio spread dei Titoli di Stato italiani?
Partiamo da questo ultimo punto. Senza fare allarmismi, la manovra di bilancio percorre chiaramente la strada di deficit più alti sui quali saremo chiamati dall’UE a rendere conto, e quindi, torna il tema della spending review dei ministeri e quello dell’alto debito pubblico, per cui veniamo considerati meno virtuosi, in base alle regole europee.
Non possiamo escludere la richiesta di riforme strutturali. Fornero ve la ricordate? E nemmeno tensioni e pressioni sui mercati finanziari, anche di natura speculativa.
Quindi, come bisognerebbe fare sempre quando si valutano le caratteristiche di un investimento, dobbiamo considerare che il BTP non presenta solo il rischio tasso di interesse, cioè di riduzione del prezzo di mercato all’aumentare dei tassi di interesse, ma anche il rischio di credito e il rischio spread. È chiaro che le ultime emissioni hanno beneficiato di tassi superiori a quelli a cui eravamo abituati, ma non abbiamo certezza su potenziali ulteriori rialzi di tassi di interesse da parte della BCE. Pertanto, dobbiamo avere consapevolezza che il rimborso del capitale avverrà a scadenza del titolo, salvo fallimento dell’emittente, e questo è il rischio di credito, la solvibilità del debitore a cui abbiamo prestato i soldi.
Il rischio spread, invece, rappresenta un termometro del maggior rischio Paese in base al differenziale dei rendimenti fra Titoli di Stato italiani e tedeschi di durata decennale. Infatti, il differenziale con i Bund tedeschi, ritenuti più sicuri, esprime la fiducia dell’investitore nella solvibilità dell’emittente. Quindi se il rischio di solvibilità dell’emittente sale, lo spread si allarga.
Queste considerazioni ci devono riportare a valutare sempre il quadro generale adottando la regola aurea della diversificazione del rischio, che mai nella storia, si è smentita. A stabilire obiettivi, tempi di spesa e profili di rischio diversi su obiettivi differenziati, utilizzando l’ampiezza degli strumenti finanziari a disposizione sul mercato e la consulenza personalizzata di professionisti.
Oltre a non dimenticare e a fare tesoro della nostra esperienza passata.
Maria Luisa Visione