Una delle notizie che mi ha colpito di più negli ultimi giorni è quella che riguarda le attività commerciali: nel 2022 sono spariti due negozi al ritmo di ogni ora (fonte: Confesercenti).
Sono più i negozi che chiudono di quelli che aprono; in pratica, un calo di aperture di saracinesche del 20,3%, da un anno all’altro. Per l’esattezza, hanno chiuso più di 43mila imprese appartenenti al settore commercio al dettaglio. Ciò che colpisce molto nell’esaminare le cifre è che, nel 2022, in Italia si è registrato il numero delle aperture più basso degli ultimi dieci anni.
Un dato che rivela una tendenza che si è fatta strada da tempo. Creare un’impresa è un sogno meno ambito, rispetto a quanto accadeva in passato. Forse aprire un negozio non attrae lo stesso interesse, o forse, non sembra essere, spesso, una buona opportunità.
Il punto è che tale tendenza sta disegnando nuove mappe territoriali, in cui le città e le strade si spogliano di negozi diversi e svariati, di vivacità, di luci e di fantasia.
L’andamento di tale desertificazione è generale su tutto il territorio nazionale, anche se le regioni più colpite, in termini assoluti, sono, in sequenza: la Campania (-2.707 negozi), il Lazio (-2.215) e la Sicilia (-2.142). Seguono poi la Lombardia, il Piemonte, la Toscana e l’Emilia-Romagna. In Toscana, dove vivo, la perdita di attività commerciali nel 2022 ammonta a 1.479. Mi sembra un numero enorme, e penso che in diversi di noi, camminando nella propria città, avvertano una sensazione simile, di svuotamento e di mancanza. Una sensazione di cambiamento che è diventato realtà quasi senza accorgersi che passassero giorni, mesi e anni, mentre si modificava il disegno generale.
Il vuoto, palpabile come il cambiamento, è sostituito dal mondo virtuale, in cui i grandi gruppi online rimpiazzano ogni giorno il negozio di vicinato, in un percorso che avanza, senza alcuna intenzione di retrocedere. D’altra parte, per la maggior parte di noi le abitudini di consumo sono cambiate: acquistare online è comodo, veloce e conveniente.
Aprire un negozio e assumersi il rischio di impresa, esprimendo le proprie capacità, è diventato sempre più difficile, indipendentemente dall’idea, più o meno geniale o innovativa, che si creda di avere.
Il calo delle nuove aperture esprime una rinuncia, anticamera di un sempre minore interesse verso il settore del commercio al dettaglio, che ha caratterizzato il nostro Paese durante la sua storia di progresso.
Le ragioni possono essere molteplici: dal denaro iniziale per investire alle tasse; dall’andamento generale dell’economia (bollette incluse) alla necessità di continua formazione e di supporti per essere presenti sia fisicamente, che per comunicare sul web e sui social; dai costi da ammortizzare ai ricavi da evolvere in positivo. Insomma, coraggio e passione sì, ma anche numeri che non è proprio semplice far tornare.
So che aprire una riflessione non cambierà questa tendenza. Vorrei, però, invitare i lettori a ripensare a dieci anni fa, o ad ancora prima, cercando di ricordare la mappa territoriale di tanti negozi che hanno attraversato le nostre vite.
E così, semplicemente, ripensare a come erano “loro” quei negozi, nelle tante città incontrate.
E poi, ripensare alla propria città.
Maria Luisa Visione