Il Capitolo delle pensioni si aggiorna costantemente e per la prima volta, dopo l’entrata in vigore della Riforma Dini nel 1995, i coefficienti di trasformazione del montante contributivo aumentano.
A partire dal 2013 avevamo assistito ad una graduale revisione al ribasso, derivante dal continuo incremento della speranza di vita, tradotta con l’applicazione degli adeguamenti della Legge Fornero che hanno condotto negli ultimi anni all’innalzamento costante dell’età pensionabile. Tuttavia, per il biennio 2021-2022 l’adeguamento è stato nullo, a causa del rallentamento della speranza di vita in atto.
La novità, contenuta nel DM 1° dicembre 2022, è adesso l’aggiornamento dei coefficienti necessari per il calcolo della quota contributiva della pensione per il biennio 2023-2024, cioè con decorrenza compresa tra il 1° gennaio 2023 ed il 31 dicembre 2024 (diretta, di invalidità o ai superstiti). Sono escluse le casse professionali e coloro che vanno in pensione entro il 31 dicembre 2022. Sono, invece, interessati gli iscritti alla gestione Inps che hanno una parte di rendita previdenziale da calcolarsi con il metodo contributivo, a seguito sia della Riforma Dini che della Riforma Fornero.
Ricordo che l’ultima proiezione sulla speranza di vita alla nascita dell’Istat, stimata in 82,4 anni, mantiene ancora una differenza sostanziale rispetto al periodo antecedente la pandemia; infatti, nel confronto con il 2019, gli uomini subiscono una perdita in termini di speranza di vita alla nascita di 11 mesi, e le donne di 7. È proprio tale variazione a impattare sull’assegno per i pensionati del prossimo biennio, con un aumento della quota contributiva della pensione compreso tra il 2 ed il 3%, al netto delle altre variabili.
Facciamo qualche esempio su un montante contributivo di 400.000 €, maturato al 31 dicembre 2022.
L’assegno annuale all’età di 62 anni è pari a 19.528 €, con una differenza rispetto a chi va in pensione entro il 2022 di 448 €. Differenza che sale, a parità di montante, se consideriamo l’età di 64 anni a 496 €, e a 592 € all’età di 67.
Accanto ai nuovi coefficienti che sono senz’altro una buona notizia per coloro che ne beneficeranno, arriva anche il giudizio dell’Ufficio parlamentare di bilancio che ha esaminato la norma in manovra di Bilancio sulle nuove fasce di rivalutazione delle pensioni sottolineando che lo schema per il 2023-24 “è molto meno favorevole di quello in vigore nel 2022, soprattutto per le pensioni superiori a cinque volte il minimo, e concludendo che: “le regole sulla rivalutazione dovrebbero rimanere il più possibile stabili” (Fonte: ANSA).
La stretta della Finanziaria, che porta a sei le fasce di reddito da rivalutare in base all’inflazione, da una parte aumenta la pensione minima, dall’altra riduce l’indicizzazione delle pensioni più alte (35% della rivalutazione per le pensioni da 5.250 € in su).
In sostanza, il trattamento minimo nel 2022 di 524,35 € diventerà 570 € nel 2023 e 580 € nel 2024, mentre sarà riconosciuta la rivalutazione al 100% solo alle pensioni fino a 2100 € mensili.
Sembra proprio che le carte vengano rimescolate, ma la coperta resta corta.
Quanto i meccanismi introdotti realizzeranno un sistema pensionistico più equo? Ognuno di noi può fare le sue valutazioni, mentre, ricordo che stiamo parlando soltanto del prossimo biennio.
Lavori in corso.
Maria Luisa Visione