Dalla parte dei risparmiatori rimane il custode del denaro per eccellenza.
Durante l’emergenza sanitaria si è osservato un aumento considerevole della quota di risparmio precauzionale nei portafogli delle famiglie italiane, complice la diminuzione dei consumi e l’aumento dell’incertezza, eppure, a ben guardare indice di un comportamento già diffuso e radicato che si è ulteriormente rafforzato.
C’è, però, l’altra parte del settore privato da considerare, soprattutto le imprese, che durante questo periodo hanno aumentato in generale il loro grado di indebitamento, grazie alle maglie più allargate concesse dai diversi decreti emanati in fase di emergenza.
Dalla parte delle banche che hanno concesso credito e allungato le moratorie l’appuntamento cruciale sarà quello di vedere onorati i debiti, una volta che le diverse misure emergenziali non saranno più operative e che non ci saranno le garanzie pubbliche ad attenuare i rischi di bilancio.
Affinché ciò non accada ci deve essere ripresa economica, sia della produzione che dei livelli occupazionali, e questo, pur non potendo ancora fare previsioni davvero attendibili dato che gli effetti economici riflessi della pandemia sono tuttora in corso, fa intravedere per il sistema bancario incertezza globale in tutti i Paesi del mondo.
Entriamo così nella ruota: se le imprese sono in difficoltà a causa della recessione economica continuano ad avere bisogno del sostegno delle banche, che, a loro volta hanno bisogno di supporto dallo Stato o dalla Banca Centrale, in Europa dalla BCE; perché ci sia ripresa economica le imprese non devono chiudere; le banche devono “garantire” le condizioni favorevoli dell’offerta di credito alle imprese per evitare che si trovino in difficoltà, e anziché partecipare alla crescita economica la frenino; le banche devono comunque rafforzare i mezzi patrimoniali perché altrimenti sono a rischio default e non possono sostenere l’economia.
Nei primi sei mesi dell’anno le banche italiane hanno migliorato di quasi un punto percentuale il CET1, quindi, patrimonialmente hanno ben reagito. Tuttavia, è scesa la loro redditività; è vero che la flessione dei ricavi è stata in parte compensata dalla diminuzione dei costi operativi causa chiusura delle attività produttive, ma per crescere oggi hanno bisogno di aumentare la copertura delle posizioni cosiddette “in bonis”, cioè considerate solvibili, e viste le prospettive macroeconomiche tale obiettivo non può essere raggiunto con facilità.
Quindi per le banche nei prossimi mesi si tratta di anticipare, di “dotarsi di strumenti idonei a identificare per tempo l’aumento della vulnerabilità dei debitori, in particolare di quelli che hanno aderito alle moratorie, per i quali le informazioni disponibili potrebbero in questa fase risultare limitate”, come ha ricordato Visco.
In pratica, il tema della diminuzione dei crediti deteriorati rimane il leitmotiv, e sembra cha da qui alla fine dell’anno si riesca a proseguire sul percorso tracciato in precedenza.
Riguardo alla redditività, dalla pandemia arriva un’indicazione importante: nel primo semestre le banche italiane hanno ridotto i costi operativi, grazie alle minori spese di manutenzione degli immobili e dei marginali costi del movimento del personale. Un modello da perseguire con l’aumento del lavoro agile anche quando torneremo alla normalità? Sicuramente la direzione “accelerazione Fintech” per tutto il sistema bancario è obbligata come quella dell’aggregazione, soprattutto per gli istituti di minori dimensioni (si apre spazio per le banche popolari) e per chi, pur di dimensione maggiore, non risponde con requisiti patrimoniali adeguati alle crisi.
In conclusione, la parola d’ordine sarà “redditività”, e uscita ordinata di chi è meno patrimonializzato.
Maria Luisa Visione
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