Se quella dell’alfabetizzazione assicurativa poteva essere l’occasione per rifarsi rispetto alla cultura finanziaria sulla quale il livello di conoscenza e competenza in Italia non è affatto soddisfacente, purtroppo così non è stato. Infatti, arrivano finalmente i risultati dell’indagine condotta dall’Università degli Studi di Milano Bicocca e dalla società DOXA, su mandato dell’IVASS del 2018, per misurare il livello di conoscenza in campo assicurativo di noi Italiani, ma i risultati sono: bocciati a tutti gli effetti!
Il Rapporto IVASS è il primo ad essere realizzato a livello Paese in Europa, quindi, non ci sono termini di confronto, ma una performance netta, il cosiddetto “Indice generale di assicurazione” correlato ai parametri sulla conoscenza assicurativa, la fiducia, l’avversione al rischio, la logica assicurativa e l’efficacia della comunicazione.
In particolare, per la conoscenza assicurativa siamo al punteggio di 30,4 su 100, calcolato dalla media tra l’indice di base del 40,6 e quello in relazione al sapere sui prodotti assicurativi pari a 20,1; praticamente i prodotti sulla necessità di proteggersi sono quasi sconosciuti.
In merito alla fiducia si sale arrivando a sfiorare la sufficienza: l’indice relativo è di 59,5 ed è correlato con il numero di coperture assicurative possedute, per le quali chi possiede solo polizze obbligatorie è a 57,5 e chi, invece, ha sottoscritto anche polizze non obbligatorie arriva a 61.
L’indice di avversione al rischio medio è di 60,2 e mostra maggiore propensione in chi non possiede polizze assicurative, rispetto a coloro che si assicurano di più, proprio in virtù della superiore avversione verso il rischio.
La logica assicurativa, cioè la capacità di individuare i corretti collegamenti logici tra concetti in ambito assicurativo, arriva alla media complessiva di 63,7, mostrando un livello di logica nettamente migliore negli intervistati titolari di polizze “anche non obbligatorie”.
Infine, il punteggio medio della valutazione dell’efficacia della comunicazione assicurativa è di 56,3.
Dalla media di tutti gli indici il risultato generale è di 54 su 100, insufficiente, dunque.
Diamo un’interpretazione a questi numeri. Per le conoscenze dei concetti di base e dei prodotti siamo molto lontani dalla sufficienza; dal momento che noi Italiani ci assicuriamo poco possiamo dedurre che manca proprio la consapevolezza di quanto sia importante assicurarsi prima che si verifichi un evento sfavorevole dal quale spesso derivano danni patrimoniali ingenti. In generale, infatti, se sono presenti più coperture assicurative, o meglio, non solo quelle obbligatorie come la RC auto o la polizza bancaria a pacchetto del mutuo, significa che si è affrontato individualmente il tema del rischio personale e patrimoniale. Va da sé che la fiducia cammina di pari passo: siamo disposti ad affidarci, quindi, ad assicurarci, se comprendiamo di avere un problema da risolvere per il quale occorre trasformare l’esigenza emersa in spesa da mettere in bilancio. Allo stesso modo la propensione al rischio fa confidare nella bassa probabilità dell’accadimento. Così anche la logica si sviluppa di più se si trasforma in prodotto assicurativo il rischio con il quale si è cercato confronto e soluzione. Sulla valutazione dell’efficacia comunicativa rimane una lontananza culturale, una sorta di gap da colmare, un ponte da costruire, che, ancora una volta, può partire solo dalla diffusione della conoscenza assicurativa, dato che spesso si considerano i relativi contratti quasi “incomprensibili”.
Ora, questi dati, a cavallo degli eventi accaduti a partire da febbraio 2020, devono farci riflettere profondamente. La copertura dell’esigenza di protezione in pianificazione, quando stiamo organizzando le risorse economiche di cui disponiamo verso una migliore qualità della vita del presente e del futuro, dovrebbe essere una linea costante e continua, imprescindibile, sulla quale costruire obiettivi e progetti di vita.
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