Potrebbe sembrare l’inizio di un film genere Fantasy, ma non lo è. L’immagine di noi che dialoghiamo con l’intelligenza artificiale è già realtà, e avanza a tutta forza, destando curiosità e interrogativi.
Mi colpisce davvero molto come Chat GPT sia in grado di rielaborare il pensiero umano, attingendo a dati e informazioni aggiornate in tempo reale, rispondendo in pochi secondi all’argomento di un tema, in qualsiasi campo e settore, senza battere ciglio. E nell’esatto momento in cui la sperimentazione convince l’immaginazione, non posso fare a meno di pensare alle parole “istruzione”, “apprendimento”, “capacità di visione”, “mente allargata”.… insomma, a tutti gli aspetti dell’evoluzione umana e professionale di cui sono paladina da una vita.
Ma ci pensate a vostro figlio, nipote che svolge il tema a casa con Chat GPT? Oppure, alla ragione di un datore di lavoro che pensa: “Posso fare a meno di questi lavoratori se la stessa funzione la fa una macchina in pochi minuti”. O, ancora, alla capacità umana di processare le informazioni, rispetto alla precisione e velocità di un algoritmo, che genera differenze tangibili di efficienza, allontanando dalla “sana competitività”. Per essere chiari: il dataset, nel caso di Chat GPT, utilizza 175 miliardi di parametri, e risponde agli input, completa i testi, genera descrizioni, traduce in multilingue, analizza se il sentiment di un testo è positivo, negativo o neutro, e tanto altro.
Detta così, molti lavori sembrano già essere sostituibili; in fondo la relazione tempestiva e il dialogo partecipativo caratterizzano il successo di diverse professioni e aziende di oggi. Eppure, tecnologie così dirompenti non aiutano certo lo sviluppo del senso critico, né tantomeno insegnano il valore del tempo dedicato, o quello del sacrificio. Portano, inevitabilmente, alla sola valutazione di convenienza. Mi direte che siamo ancora agli inizi e che per agire Chat GPT ha bisogno che un umano chieda; vero! Lei, però, andrà avanti, cercando di migliorarsi.
Quindi, facciamo un salto quantico e arriviamo al 2033: è forse l’ora di lavorare su noi stessi? Sulla nostra spiritualità, sulla nostra coscienza, sulla nostra capacità di umanizzare lavoratori e aziende, sul nostro senso critico che superi la facile accettazione del possibile sull’impossibile? Sulla cultura dell’integrità che dovrebbe, sempre, sorpassare il costo da sostenere o il beneficio da accaparrare?
In numeri gli investimenti in intelligenza artificiale saranno sempre più ingenti. A questo proposito mi viene in mente lo scambio di battute tra un ragazzo e un allenatore, rispetto al futuro. Il ragazzo marina la scuola per andare a vedere gli allenamenti della sua squadra del cuore perché da grande vuole fare il calciatore. In fondo, a cosa serve studiare, tanto le conoscenze le prenderà dall’intelligenza artificiale… (aggiungo io). L’allenatore, però, gli dice “Come pensi di diventare un grande giocatore se non comprendi il valore del sacrificio? E come riuscirai, domani, a comprendere gli schemi di gioco che ti spiegherò, senza studiare?”.
Per cui, decido di rimanere paladina, e di continuare a mettermi in gioco. Di provare l’emozione e il tremore che si sentono in quell’attimo, tra il mollare e farcela: secondi impagabili, mentre, guardando indietro, ti accorgi di essere a un passo, migliore di prima.
Maria Luisa Visione
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