In Toscana si torna a parlare di cannabis light e di cannabis terapeutica e questo non sorprende, visto il boom di coltivazioni di canapa degli ultimi anni. Secondo una stima della Coldiretti, le coltivazioni in pochi anni sono aumentate di 10 volte, passando dai circa 400 ettari del 2013 agli attuali 4000 ettari in tutta Italia.
La canapa è una pianta versatile che può essere impiegata per mille usi, da quello alimentare, terapeutico, ma anche tessile e addirittura edile. L’Italia lo sa bene, visto che negli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale era una delle maggiori produttrici di canapa al mondo, seconda solo alla vecchia Unione Sovietica.
Oggi le coltivazioni di canapa sono tornate ad essere un importante business per il Bel Paese, che ruota in particolar modo intorno alla cannabis medica – usata anche nella terapia del dolore – e alla cannabis light. La fondamentale differenza che ancora molti non conoscono tra i due tipi di cannabis che stanno rivoluzionando il mercato italiano e mondiale sta essenzialmente nel loro quantitativo di THC, la sostanza psicoattiva della marijuana.
La cannabis light è sostanzialmente una versione leggera della canapa, in cui uno dei suoi cannabinoidi (i principi attivi della marijuana), ossia il CBD (cannabidiolo) è presente in quantità altamente superiore rispetto al THC (tetracannabinolo).
Il THC ha un potere terapeutico maggiore, ma essendo psicoattivo e avendo più effetti collaterali, viene considerato una sostanza da somministrare sotto controllo medico e non può essere venduto ovunque e da chiunque.
Per legge, il quantitativo di THC presente nella cannabis light deve essere al di sotto dello 0,2% con una tollerabilità massima dello 0,5%. Chiunque abbia qualsiasi forma di cannabis contenente maggiore percentuale di THC può essere accusato di possesso di sostanza stupefacente e perseguito legalmente.
Nel caso in cui la cannabis sia di tipo terapeutico, la percentuale di THC è decisamente più alta, ma chi la possiede deve avere una prescrizione medica che possa giustificare il suo possesso.
Anche per la coltivazione dei due tipi di cannabis le cose sono differenti. Per la cannabis light non ci sono limitazioni o permessi da richiedere, chiunque può coltivarla liberamente nelle quantità che desidera. Sì ha però l’obbligo di certificare la provenienza dei semi tramite la fattura di acquisto e il cartellino contenenti le sue specifiche (viene rilasciato dal rivenditore delle sementi). La cannabis light viene venduta nei negozi specifici, online come su questo sito, nelle erboristerie, ma anche nelle tabaccherie e in qualche città sono presenti ormai anche i distributori automatici.
Per la cannabis terapeutica invece le cose sono più complesse e la sua coltivazione richiede una specifica autorizzazione e un conseguente controllo sulla produzione. Al momento esiste una sola piantagione di cannabis terapeutica statale e si trova in Toscana, che però non è ancora autosufficiente nella produzione di cannabis a scopo terapeutico e almeno in parte deve ancora rifornirsi dall’Olanda per poter garantire le richieste provenienti da tutte le Asl italiane.
Ed è proprio questa una delle motivazioni per cui la Toscana ha deciso di aumentare le coltivazioni di cannabis terapeutica, secondo una dichiarazione della Coldiretti: “la coltivazione della cannabis a uso terapeutico potrebbe generare un giro d’affari di 1,4 miliardi e garantire almeno 10mila posti di lavoro, riducendo al contempo la dipendenza dall’estero. Attualmente la ‘marijuana di Stato’ è prodotta nello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, dove si punta peraltro ad aumentare la produzione, passando dagli attuali 100 chilogrammi l’anno a circa 300”.
Con queste premesse sicuramente la Toscana si pone al centro di un progetto nazionale apparentemente redditizio, considerando che la canapa non solo può aiutare le persone a livello terapeutico, ma anche dal lato economico-sociale viste le grandi potenzialità di questo mercato.