Il Ceta, l’accordo di libero scambio Italia-Canada che di fatto aprirebbe ad un’invasione di prodotti “Italian sounding” ma che poi italiani non sono, penalizzando le nostre produzioni di qualità, trova sempre più antagonisti sul territorio italiano. Cresce infatti il numero di Comuni che si sono schierati ufficialmente contro una sua approvazione e dei cittadini che stanno mettendo in piedi una vera e propria “rivolta popolare” contro questo accordo.
“Possiamo dire che il crescente numero di consumatori e istituzioni che si schierano contro il Ceta dimostra come le persone siano attente alla loro alimentazione ed alla salute, e di come non si possa prescindere da queste loro volontà – ha affermato il Direttore di Coldiretti Siena Simone Solfanelli – nessuno può permettersi il lusso di fare accordi contro le istanze e le richieste degli stessi consumatori. Nella nostra provincia molti Comuni hanno già aderito, gli ultimi in ordine di tempo Casole d’Elsa e Pienza, e speriamo che altri decidano di unirsi a breve”.
“Un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia che ha dato il via ad una vera rivolta popolare che ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale dove hanno già espresso contrarietà 14 regioni, 18 province 2400 comuni e 90 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine.” E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione dell’incontro “CETA: impatti e implicazioni per occupazione e ambiente” in collaborazione con l’Intergruppo parlamentare #NoCeta.
Una opposizione trasversale come dimostra anche l’inedita ed importante alleanza tra diverse organizzazioni Coldiretti, Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch. Per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima – denuncia la Coldiretti – in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati così a chiedere le stesse concessioni. Il Ceta – denuncia fortemente Coldiretti Siena– uccide il grano duro italiano, quello del territorio senese che rappresenta la maggiore coltivazione del territorio, con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale i dazi per l’importazione dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosato nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia. E pesa anche – conclude la Coldiretti – l’impatto di circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine a dazio zero da un Paese dove si utilizzano ormoni della crescita vietati in Italia.