Chiusura Avi.coop, la Regione: “Delocalizzazione proibita dalla legge”. Il sindaco di Siena: “Rottura con le istituzioni”

 

Sulla vicenda Avi.coop non tarda ad arrivare la presa di posizione della Regione, impegnata in questi giorni nel confronto con sindacati e azienda: Avicoop, società del gruppo Amadori, conferma l’intenzione di chiudere lo stabilimento di Monteriggioni in provincia di Siena, dove lavorano duecento lavoratrici e lavoratori, otto su dieci avventizi a tempo determinato e con un accesso ristretto agli ammortizzatori sociali, possibile solo nel 2025, e dunque ancora più deboli.

“Chiudere avrà ricadute negative sull’attività agricola di una parte importante della Toscana: il nostro impegno è a salvaguardare produzione e tutela del territorio” spiega la vice presidente della Toscana, Stefania Saccardi.

“Quella chiesta all’azienda sugli stipendi – sottolinea Valerio Fabiani, consigliere del presidente Giani sulla crisi e il lavoro – era una misura di sostegno da avviare parallelamente ad un percorso, auspicato anche da Comune e Provincia, per garantire la continuità produttiva ed occupazionale, piena, in un territorio fragile: esplorando anche nuove possibili soluzioni industriali, con la Regione pronta a dare il proprio supporto in una riconversione del sito ma con un impegno forte anche di Amadori e dell’azienda, per la responsabilità sociale che un’impresa ha”.

“La risposta purtroppo – concludono Fabiani e Saccardi – è stata nei fatti una chiusura e una non disponibilità. Ne prendiamo atto, con rammarico. Il tavolo e l’impegno a trovare una soluzione da parte nostra chiaramente rimangono e chiederemo adesso di poter parlare direttamente con i vertici del gruppo Amadori”. Sul tavolo rimane la ricerca di ammortizzatori sociali per il futuro e il mantenimento in attività del sito.

Fabiani poi avverte: “Con la chiusura di Monteriggioni si potenzierà probabilmente l’attività nello stabilimento di Cesena: di fatto una delocalizzazione, che la legge proibisce. L’azienda ha motivato la chiusura con la crisi di domanda che riguarda la produzione di tacchino e le perdite dello stabilimento – spiega Fabiani -. La società, che ha sede a Cesena, registra però utili e il bilancio 2022, l’ultimo depositato, ha chiuso l’esercizio con 107 mila euro di saldo positivo”. Il gruppo Amadori nello stesso anno ha registrato un fatturato di oltre 1,7 miliardi, il 27,5 per cento in più di ricavi e utili netti per 67,5 milioni di euro. Alla richiesta di mantenere i livelli salariali e occupazionali attuali a piena produzione, per il tempo necessario ad individuare un percorso di riqualificazione, l’azienda ha risposto offrendo, per i tempi determinati, quattrodici giornate pagate nel prossimo cedolino, come anticipo su luglio e una tantum. Proposta irricevibile a detta dei sindacati, che oggi si sono riuniti in assemblea con i lavoratori: la proposta, aggiungono, lascia ancor di più l’amaro in bocca visto che la controparte è un’azienda leader di Italia “il cui gruppo si vanta, a fini pubblicitari, di una salda responsabilità sociale d’impresa”.

 

“Massima solidarietà verso le duecento lavoratrici e lavoratori costretti a restare senza lavoro dopo una vita intera dedicata ad un’azienda punto di riferimento del territorio” – scrive il sindaco  Nicoletta Fabio in riferimento alla notizia – . Una decisione contraria ai riscontri e alle risultanze successive agli incontri istituzionali con azienda e sindacati e rappresenta dunque una rottura con le stesse istituzioni del territorio, che si erano impegnate in un percorso condiviso di riconversione del sito produttivo, assieme ai lavoratori. Siamo vicini ai lavoratori e alle loro famiglie e garantiamo la massima attenzione su questa dolorosa vicenda, che mette in grande difficoltà duecento famiglie da un giorno all’altro”.