Aiuti per il grano duro ma serve più valorizzazione: solo a Siena una produzione da oltre un milione di quintali
Qualcosa si muove per le 15mila imprese agricole toscane che coltivano grano duro. Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del Decreto ministeriale (Serie generale n. 278 del 28 novembre 2016), gli agricoltori potranno accedere ad un premio per ettaro per la produzione di grano duro legata a contratti di filiera e destinato alla produzione industriale e non alla produzione di grano “da seme”.
Il premio può essere richiesto per il grano duro raccolto nel 2017 (semina dell’annata agraria 2016/2017) e prevede un ammontare di risorse complessivo pari a 10 milioni di euro.
Si prevede la possibilità per le imprese agricole di ottenere un premio per la coltivazione di grano duro di importo massimo pari a 100 euro per ettaro, il cui importo effettivo scaturita dal numero di ettari per i quali verrà richiesto l’aiuto, tenendo conto del plafond disponibile di 10 milioni di euro a livello nazionale. Per poter ricevere il premio è necessario che l’impresa agricola sottoscriva Contratti di Filiera. Tale contratto deve essere sottoscritto dai produttori di grano duro in forma singola o associata (Cooperative, Consorzi e Organizzazioni di Produttori riconosciute e di cui l’impresa è socia) e deve avere una durata almeno triennale. La verifica dell’effettiva sottoscrizione del contratto dovrà avvenire entro il 28 dicembre 2016. Il termine ultimo per la presentazione della domanda è fissato con la presentazione della DUA.
Ogni agricoltore potrà ricevere il premio solo per i primi 50 ettari e per un ammontare complessivo pari a 15mila euro nell’arco di tre esercizi finanziari. E’ bene precisare che il limite dei 50 ettari è il limite applicato all’erogazione del premio e non al numero di ettari che possono essere oggetto del Contratto di Filiera. Ciò vuol dire che quest’ultimo potrà interessare anche una superficie maggiore, ma all’agricoltore sarà riconosciuto il premio al massimo su 50 ettari.
Sollievo per le aziende del territorio? Sì ma non basta, soprattutto nell’area senese che, insieme alle province di Grosseto e Pisa, è quella a più alta vocazione cerealicola della Toscana e tra le prime in Italia. A Siena ci sono oltre 5mila imprese che coltivano cereali e ne producono oltre 1 milione e 200mila quintali.
«Il decreto è un aiuto – commenta il direttore di Coldiretti Siena Simone Soilfanelli – ma non il decisivo passo in avanti perché è necessaria più trasparenza sul mercato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato nella pasta e nel pane, ma è anche necessario estendere i controlli al 100% degli arrivi da Paesi extracomunitari dove sono utilizzati prodotti fitosanitari vietati da anni in Italia e in Europa e fermare le importazioni selvagge a dazio zero che usano l’agricoltura come mezzo di scambio nei negoziati internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale».
«Nonostante il mercato stia lentamente dando segnali di ripresa- prosegue Solfanelli – il grano duro per la pasta è stato pagato anche 18 centesimi al chilo nei mesi scorsi, mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro del granaio Italia. Ciò ha causato un vero e proprio crack per le imprese cerealicole. In pericolo non ci sarebbero state solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy».