Il grido d’allarme della Federazione provinciale: «Verso la chiusura aziende e stalle».
E’ allarme sul territorio senese che soffre, più del resto della Toscana, la grande crisi del grano. Crollano infatti i prezzi nelle campagne, dal -26% per il grano duro fino al – 16% per il latte su valori che non coprono i costi di produzione e spingono alla chiusura delle aziende agricole e delle stalle. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Istat sull’inflazione a giugno, sulla base delle rilevazioni Ismea alla produzione agricola. Se nel carrello della spesa i prezzi degli alimentari e delle bevande per i consumatori sono addirittura aumentati dello 0,2%, nelle campagne la situazione è drammatica con il crollo delle quotazioni su livelli insostenibili. Le speculazioni sul commercio delle materie prime agricole hanno provocato il crollo dei prezzi del grano su livelli di 30 anni fa e mettono a rischio il futuro della coltivazione.
«La produzione di grano toscano è in ginocchio – è il commento di Coldiretti – se non si mettono in campo strategie di sostegno rischia di scomparire. Con le quotazioni 2016, che vedono grano duro superare di poco i 20 euro/quintale e il tenero a 16-17 euro/quintale, i nostri agricoltori sono tagliati fuori dal mercato perché producono con costi più alti».
Grande preoccupazione nelle aree a più alta vocazione cerealicola della Toscana, dunque: con Siena anche la Maremma e il pisano dove si producono la maggior parte dei 3,5 milioni di quintali di grano della regione.
«La produzione toscana, oltre ad essere significativa in termini generali, collocandosi al quinto posto tra le regioni italiane è anche di qualità elevata – aggiunge ancora Coldiretti – per questo occorre una forte iniziativa di filiera che sia di raccordo fra tutti i soggetti del comparto in modo da stringere accordi che consentano di garantire i produttori dalle turbolenze dei mercati internazionali. Certamente è un processo la cui edificazione non è né breve né facile ma bisogna intervenire immediatamente con misure straordinarie perché senza la cerealicoltura muta il paesaggio della Toscana e si rischia una pericolosa desertificazione, con tutte le conseguenze ambientali ed idrogeologiche connesse, oltre ai riflessi occupazionali nella filiera e nell’indotto».