Riflettiamo sui dati dell’Indagine Fabi, appena pubblicata, che esplora l’impatto del carovita nei depositi bancari degli Italiani nel 2022. Magari ci ritroveremo nel racconto dei dati totalmente, o in parte, o, addirittura, per nulla. In ogni caso essi rappresentano un termine di confronto di come, in concreto, l’aumento repentino dell’inflazione dello scorso anno, al quale non eravamo abituati, ha influenzato abitudini e sicurezza.
L’indagine analizza l’andamento dei conti correnti bancari delle famiglie italiane da dicembre 2017 a novembre 2022. Dopo quasi cinque anni di risparmi in crescita si assiste a un’inversione di tendenza. Ciò che balza all’attenzione è che, nei primi sette mesi del 2022, la liquidità accumulata dalle famiglie italiane era vicina ai 1.180 miliardi di euro, ma da luglio a novembre è calata di circa 20 miliardi di euro.
La domanda che si pone è: il calo della liquidità disponibile dipende dalla necessità di attingere ai propri risparmi, a causa del forte e generalizzato aumento dei prezzi?
Di certo, per coloro che hanno in pancia un mutuo o un finanziamento a tasso variabile, l’impegno è diventato più gravoso. Tuttavia, secondo la Fabi, a novembre 2022, i prestiti al consumo finalizzato e i finanziamenti personali sono aumentati; segnale che cresce la propensione a rateizzare gli acquisti, ma non si rinuncia alle spese, ricorrendo all’indebitamento. Un aspetto da non sottovalutare che impatta sulla sostenibilità finanziaria futura delle spese della famiglia, in uno scenario di maggiori costi di finanziamento, a causa di ulteriori aumenti dei tassi di interesse da parte della BCE.
In sostanza, quanto del ricorso al credito è già lo strumento per far fronte alle spese di istruzione, carrello della spesa, viaggi, sport, famiglia e bollette?
A livello centrale, non si può contrastare l’inflazione soltanto con la politica monetaria restrittiva. Occorrono politiche fiscali che supportino i redditi percepiti, piuttosto che aumenti delle retribuzioni, in coerenza con il diverso potere di acquisto. Non si può pensare di aumentare tutto per riuscire, a livello individuale, a mantenersi in vita, perché c’è sempre un punto di rottura. L’economia e la storia lo insegnano da tempo.
A questo, in alternativa, dalla mia esperienza, la sfera emozionale porta una parte dei consumatori a decidere di spendere meno, per paura di imprevisti e per l’incertezza che perdura.
Ma, insomma, tra chi non rinuncia a spendere indebitandosi e sottovalutando i rischi da qui ad almeno tre anni e coloro che, pur avendo la possibilità, non spendono, a mio parere c’è un punto di contatto. È la paura del futuro, che sia non rinunciare a vivere al meglio oggi o non riuscire più a vederlo, rimanendo schiacciati sul presente.
Infine, per i mutui destinati alle abitazioni, Fabi osserva una crescita costante che raggiunge i 50 miliardi di euro nello stesso periodo di indagine. Ancora una volta la pianificazione corretta e integrata dell’indebitamento è cruciale per non trovarsi impreparati a eventuali maggiori costi da sostenere.
Il valore di una qualsiasi strategia è rappresentato dal monitoraggio e dalla capacità di apportare correttivi a un piano finanziario o a un piano di investimento. Imparando a modificare i comportamenti, se è utile. O, meglio, adottando comportamenti virtuosi e funzionali alla qualità della vita, sia economica, che psicologica.
E voi, vi ritrovate nelle dinamiche che raccontano i dati? Potrebbe essere l’occasione di rifletterci per tempo. In positivo, o in negativo. L’importante è sempre essere consapevoli delle nostre scelte.
Maria Luisa Visione