Attraverso la speranza di vita è possibile avere la misura di come una popolazione vive, in termini di stato sociale, ambientale e sanitario. Tale parametro non è solo un indice demografico, ma aiuta a comprendere e valutare lo stato di sviluppo di un Paese. Inversamente correlata con il livello di mortalità, mostra la sopravvivenza dell’uomo al trascorrere del tempo.
Secondo l’Istat in Italia, nel 2045 saremo, nello scenario mediano, 58,6 milioni di residenti per arrivare, dopo altri 20 anni, a 53,7 milioni di abitanti. Un andamento stimato in diminuzione che denota la mancanza di nascite (dato al 1° gennaio 2017: 60 milioni e 579mila). Infatti, anche nelle previsioni più rosee, la fecondità si ferma per i prossimi quarant’anni a 1,93 figli per donna.
La prima riflessione è che nella stima si tiene conto dei flussi migratori esteri, cioè che in sostanza, questi contribuiscono a determinare il numero totale della popolazione italiana del futuro.
La seconda è che le future nascite non compenseranno i futuri decessi.
Rispetto alla sopravvivenza, invece, un uomo nel 2065 vivrà in media più di 86 anni e una donna, più di 90.
Naturale, quindi, un’altra considerazione: gli attuali over 65, domani saranno dei ragazzi, con davanti oltre vent’anni da vivere.
L’approccio utilizzato è di tipo probabilistico, non restituisce certezze assolute, ma salvo importanti cambiamenti di contesto, è in grado di definire chiaramente il possibile andamento futuro della popolazione. Sono dati che dovrebbero orientare le politiche economiche e sociali; numeri di supporto alle decisioni che riguardano sistemi pensionistici, sanitari, scolastici e abitativi.
Se oggi, nel 2017, avessi compiuto 66 anni e 7 mesi, avrei raggiunto il requisito minimo di età per andare in pensione. Tuttavia, dovrei anche aver versato i contributi per non meno di 20 anni e aver maturato un assegno pensionistico non inferiore alle attuali 670 euro mensili. Sulla base delle vigenti norme che regolano il sistema sanitario nazionale, potrei beneficiare di alcune agevolazioni previste su ticket e farmaci. Inoltre, potrei avere anche possibili riduzioni di costo sulle tariffe dei trasporti, o riduzioni sui biglietti di ingresso di teatro, cinema e musei. In sostanza, farei parte di un momento della vita in cui ricevo, dopo aver contribuito.
Proviamo a immaginare che mi trovo nel 2065. Anche se le persone attive per contribuire al mio assegno pensionistico saranno dimezzate, in ogni caso, il sistema dovrà sostenermi per altri 25 anni. Vorrei, dal mio canto, poter trascorrere serenamente la mia vita, senza il pensiero di dover sopravvivere al mio reddito.
Certo, non esistono ricette perfette, ma è evidente che sul mio benessere economico e finanziario di domani, influiranno, da un lato gli esisti delle politiche economiche e sociali del Paese in cui vivo fatte in precedenza, e, dall’altro come e quanto mi sono occupata in prima persona di pianificare il mio futuro, destinando o costruendo le risorse necessarie.
Forse sarà un mondo in cui scienza e tecnologia consentiranno di riparare e rigenerare il corpo tanto da non farci smettere di lavorare, anche volontariamente. O magari un mondo in cui i sistemi sanitari e pensionistici si sono evoluti mantenendo un pavimento minimo di salvaguardia a chi ha bisogno, senza togliere efficienza, nell’ottica di una equa distribuzione, priva di sprechi e falsa assistenza.
Comunque andrà, sarà bene che ci pensi fin da oggi. Perché se posso, vorrei vivere giovane, mentre il mondo intorno diventa più grande.
Maria Luisa Visione