All’appello mancano in 103. E’ questa la consistenza di imprese commerciali e turistico-ricettive ‘sparita’ in provincia di Siena nei primi sei mesi del 2014. Il saldo tra chiusure e nuove aperture è negativo per 63 unità nel commercio al dettaglio (111 chiusure, 48 aperture), e per altre 40 (81 – 41) considerando strutture ricettive e pubblici esercizi. L’’esercito’ di piccole aziende attive in questi comparti (nel complesso 5880 imprese registrate al 30 giugno, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale Confesercenti) esce dunque ulteriormente decimato da un round semestrale che aggiunge negatività a quella già evidenziata nei periodi immediatamente precedenti. Ad evidenziare una piega negativa sono in particolare il settore abbigliamento (-2,7 % nel numero di imprese, a fronte di una media toscana del – 2,1) e ortofrutticolo (-15 per cento, con 4 cancellazioni nel capoluogo, pari a ben un quarto del totale residuo nel comparto a metà 2014). Già evidente nella ricognizione effettuata a marzo da Confesercenti, il saldo negativo ha leggermente attutito il ritmo nei quattro mesi successivi, restano tuttavia ben lontano dall’avvalorare sintomi di ripresa: nessuno dei comparti presi in esame infatti evidenzia valori positivi dallo sbilancio tra aperture e chiusure, tantomeno a Siena città che non fa eccezione rispetto al tenore generale.
“Non emerge alcun elemento di speranza, dalla lettura di questi crudi dati – osserva il Direttore di Confesercenti Siena, Valter Fucecchi – i quali si combinano in modo micidiale con altri indicatori di percorso già noti: i consumi dei cittadini che non ripartono, la fiscalità locale e nazionale che non accennano a dare fiato alle imprese. A questi vanno sommati altri fattori ‘oscuri’ ma non meno importanti: ad esempio l’abusivismo, che stando a quanto riportano i nostri imprenditori incide in modo ancora più negativo, specialmente su alcuni ambiti come il commercio ambulante e i servizi turistici. Non possiamo che evidenziare la perdurante mancanza di iniziative realmente incisive per invertire questo stato di cose da parte di chi sarebbe chiamato a farlo: la Pubblica amministrazione, quella fiscale, il sistema creditizio. Se non si risolleva la domanda interna le piccole imprese che ad essa fanno riferimento chiuderanno in numeri sempre maggiori contribuendo ad esacerbare la spirale di disoccupazione e povertà imboccata in Italia, oltre che la desertificazione dei paesi e delle località. La politica discute di riforme istituzionali, elettorali (e di ostruzionismo), cose importanti certo, ma la prima vera e grande priorità qui come in Europa è l’economia e la sua ripresa accompagnata ad un più forte clima di fiducia. I piccoli imprenditori non vogliono desistere ma dall’Europa in giù arrivano solo nuovi provvedimenti che rendono ancora più ardua la sopravvivenza. Chiunque voglia interessarsi responsabilmente del bene pubblico non potrà ignorare ancora a lungo questo stato di cose”.