Economia

Cosa vuoi fare da grande?

Cosa vuoi fare da grande?

Come risposta ti aspetti il sogno, il desiderio, l’immagine di un’aspirazione. Difficilmente pensi di ricevere “il programmatore” o “il tecnico informatico”, figuriamoci “il guardiano della privacy”.

Eppure le professioni del futuro si concentreranno sempre di più sull’Information Technology.

Di recente, ho fatto questa domanda a un bambino e la risposta è stata: “il calciatore”. 

Mi son detta che è coerente: il lavoro che ti immagini da bambino è legato a ciò che ti emoziona, a quello che ti fa palpitare il cuore, all’eroe che vive in te. Non pensi, come è giusto che sia, a orientarti verso ciò che il mercato richiede per trovare lavoro.

La conclusione è che le competenze da coltivare oggi riguarderanno lavori destinati a sostituire gradualmente o a rivoluzionare professioni che ancora resistono.

Se è pacifico che in Italia si cercano informatici lasciando a volte posti vacanti, la diffusione delle conoscenze digitali negli ultimi dieci anni riguardo l’utilizzo regolare di internet è passata dal 37% al 69% (81% in Europa). Un dato che ci dà conto di un’accelerazione italiana dovuta in buona parte all’uso della telefonia mobile che di fatto c’è stata.

E’ interessante osservare che gli italiani utenti di computer hanno le stesse capacità e abilità degli altri europei, sono soltanto meno; se si osserva la formazione specifica in età scolare siamo all’11% (poco sotto la media europea del 13%) anche se lontani da Svezia, Portogallo e Danimarca (dal 20 al 30%).

Altro aspetto che mi ha colpito leggendo la ricerca Istat “Rapporto conoscenze 2018” è che gli utenti italiani sono in basso alla graduatoria per l’invio di email e in fondo su: leggere giornali; documentarsi sulla salute; raccogliere informazioni su prodotti; uso dei servizi bancari; creazione di contenuti e vendite on line.  Ma sono sopra la media per la visione di video condivisi da altri utenti e per la partecipazione civica o politica.

Il trend europeo delle Risorse umane in scienza e tecnologia (HRST) formato dalle persone che hanno un titolo universitario e/o lavorano come professionisti e tecnici e dal gruppo degli occupati in professioni ICT, le cui competenze e attività sono incentrate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, è in crescita, riflettendo proprio come sta cambiando il mercato del lavoro. Si parla di 125 milioni di individui, ovvero il 46% della popolazione attiva tra i 25 e i 64 anni. Noi italiani siamo al 35,7% e la differenza è dovuta alla componente legata al solo titolo di studio e alla minor quota di laureati impiegati come professionisti o tecnici.

Quindi, sono le competenze che potranno farci includere sempre di più nel mondo digitale ed esserne partecipi attivamente. Questo mi ha fatto pensare a quando andavo a scuola e si diceva che era importante imparare l’inglese. Era verissimo, ma di fatto in pochi davvero lo hanno imparato e coltivato. 

Mi chiedo se domani investendo nelle competenze digitali a partire dalla scuola, sarà la nostra fantasia e la nostra creatività, uniche al mondo, a fare la differenza. Credo di sì, perché alla fine basta accorgersi che le abilità digitali e tecnologiche possono essere lo strumento per interpretare il futuro. Pensiamo all’agricoltura: ci saranno sensori per monitorare terreno, clima e crescita delle piante, ma comunque sempre un essere umano a governarli con un pc.

E il calciatore? Certo ci sarà anche lui. Perché il talento per fortuna non lo sostituisci. E nemmeno il sogno.

Maria Luisa Visione

Francesco Laezza

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