Scorrendo il DEF 2017 torna il buon umore. Siamo in ripresa ed è tracciata la strada per proseguire.
Osservando il principio della prudenza, nell’ottica dell’affidabilità, si delineano prospettive di crescita e occupazione: cuba solo un decimo di punto percentuale la previsione programmatica di aumento del PIL (1,1% per il 2017), ma è quanto basta per evidenziare un miglioramento rispetto alle ultime stime.
Finalmente c’è un paragone virtuoso con la Germania. In tema di avanzo primario per entrambi i Paesi, dal 2009 al 2016, la differenza tra entrate e spese (al netto degli interessi sul debito pubblico) è, rispetto agli altri, in media più elevata. In sostanza, l’attenzione alla sostenibilità delle finanze pubbliche ripaga, tanto da evidenziare negli ultimi due anni la riduzione del rapporto debito/PIL.
Nonostante sullo sfondo rimangano incertezza geopolitica e fenomeni di instabilità, si vuole diminuire l’imposizione fiscale e rilanciare investimenti e occupazione, rispettando l’opera di consolidamento di bilancio già iniziata. Anche il rilancio degli investimenti pubblici e il rafforzamento della capacità competitiva delle imprese italiane emergono come obiettivi prioritari. La giusta capacità di innovare e l’internalizzazione delle nostre imprese potranno attrarre capitali dall’estero; non manca, sull’argomento, la nota positiva della recente introduzione dei Piani Individuali di Risparmio, strumento creato per attrarre capitali privati verso l’economia reale.
Il ruolo delle banche nell’economia, tra riforme, aggregazioni e smaltimento di crediti deteriorati resta centrale. Segue l’accento sulle misure per contrastare la povertà come il reddito di inclusione (che ha anche la finalità di reinserire gli esclusi nella società), le azioni per l’orientamento al migliore rapporto fisco-contribuente, nonché gli interventi per il rientro dei cervelli e l’attrazione di capitale umano in Italia.
Sul lavoro, citazione positiva al Jobs Act, nonché ferma convinzione di proseguire la strada tracciata: rafforzamento delle politiche attive; stimolo alle competenze e sostegno del welfare aziendale. Spending review, più selettiva, organica e coerente completano il quadro.
Infine, grande innovazione con l’inserimento, per primi, in via sperimentale, di quattro indicatori del Benessere Equo e Sostenibile al fine di misurare l’impatto qualitativo delle politiche economiche.
Il tempo sarà galantuomo. Confrontandomi da tempo con i numeri ho imparato che il senso dipende dall’interpretazione che ne viene data e che, ormai usa guardarli frequentemente, anche nelle variazioni minime per darne conto in tempo reale, nel bene e nel male. Il problema è che se si vanno a cercare le norme create per rilanciare l’economia, tra provvedimenti vecchi e nuovi in attesa di attuazione ne spuntano davvero tanti. Spesso in emergenza e di rincorsa per tener fede ai patti con l’Europa. Mi piacerebbe poterne avere anche la spunta, tra fatto e non fatto; una sorta di trasparenza utile a rimanere indipendenti nelle valutazioni.
Perché per fare un bilancio, alla fine dei conti, è la differenza tra programmazione e attuazione che determina il risultato tra buoni propositi e realtà.
La vera partita ancora aperta sarà, però, quella della condivisione dei rischi per evitare la disuguaglianza; necessaria riforma dell’Unione Europea, come si legge.
Maria Luisa Visione