Arriva in anticipo da «Il Sole 24 Ore» l’indice provvisorio di rivalutazione delle pensioni per il 2024.
Cosa possiamo aspettarci? Come saranno rivalutate le pensioni l’anno prossimo?
Il meccanismo, pur applicando la rivalutazione effettiva, è in grado di adeguare il potere di acquisto reale, o ancora una volta, il tema centrale rimane quello dello stipendio di partenza non adeguato ai livelli europei?
Domande che non possiamo non porre, in considerazione del fatto che, proprio le basse retribuzioni determineranno domani una pensione bassa, di suo, generando un vortice dal quale non si esce, quando l’inflazione nominale diventa ancora più elevata nell’applicazione reale.
Il valore sarà ufficializzato con decreto ministeriale, ma per quanto si legge, potrebbe essere pari al 5,4%. Non molto lontano, dunque, dalle ultime previsioni della BCE sull’inflazione media per il 2023 del 5,6% e da quello utilizzato in Legge di Bilancio.
Non cambierà il meccanismo di perequazione che determina il calcolo, per cui verrà attribuito in misura totale solo ai pensionati che ricevono fino a quattro volte il minimo, mentre la rivalutazione si ridurrà all’aumentare dell’assegno pensionistico, non salvaguardando, dunque, di fatto, il potere di acquisto delle pensioni più alte.
L’inflazione media del 2022 è stata dell’8,1%, quindi, superiore ai dati attuali, che sembrano in discesa per l’anno in corso, rispetto all’anno precedente. Sulla base dell’inflazione provvisoria attribuita che è stata finora del 7,3%, saranno riconosciuti gli arretrati a dicembre su tutto l’anno per il 2023.
Facciamo i conti per capire in concreto cosa potranno aspettarsi i pensionati il prossimo anno.
In base alla circolare Inps 11/2023, il trattamento minimo è pari a € 567,94, che rivalutato al 5,4% diventerà € 598,61.
Quindi, per coloro che percepiscono quattro volte il trattamento minimo, cioè 2.271,76 €, parliamo di una differenza in più di 122,68 € al mese. Per coloro, invece, che percepiscono di più si scende, e il tasso effettivo di rivalutazione arriverà fino all’ 1,73% se si guadagna più di dieci volte il trattamento minimo, cioè più di 5.679,40 €.
Teniamo presente che il meccanismo di rivalutazione delle pensioni in questi ultimi anni è stato rivisto dal legislatore più volte per cercare di contenere l’effetto di adeguamento del potere reale di acquisto delle pensioni erogate sull’aumento della spesa pubblica, e siamo arrivati a questa soluzione, che continua a portarsi dietro il tema irrisolto dell’assegno sociale. Con la rivalutazione piena dell’inflazione del 2022 l’assegno sociale arriverà quest’anno a € 507,02, per rivalutarsi nel 2024 a 534,40 € con l’indice del 5,4%.
L’assegno sociale è una misura di aiuto per dare dignità a coloro che non rientrano nei requisiti sanitari, contributivi e previdenziali.
Ma è molto lontano da un minimo che restituisca dignità alla persona.
Ed è sempre un problema di numeri, di agire in modo che si salvaguardi l’essere umano, non solo i conti, ma i numeri non tornano. I motivi sono molti e non entrerò nel merito, perché non mi convincono né le opinioni politiche né le dissertazioni teoriche.
Osservo e scrivo, per non dimenticare che una distribuzione del reddito lineare legata al lavoro, parte e si alimenta dal diritto a un lavoro dignitoso per tutti. Oggi e domani.
Maria Luisa Visione