“Questo è un anno in cui non si chiedono soldi, si danno soldi”.
Sarà questa la frase che sostituirà la tanto famigerata “What ever il takes” di Mario Draghi?
Non è dato ancora sapere, perché tra il dire e il fare si vede il mare. Ma una cosa è certa: il linguaggio è cambiato e se lo dice lui che verrà il momento di guardare al debito ma che non è questo, ci credono tutti.
Per anni si è dibattuto sull’assoluta inefficacia delle politiche di austerità in tempo di crisi economica, figuriamoci in tempo di pandemia, quando l’incertezza continua a dominare la scena e le attese si posizionano sui posti di lavoro in perdita e sull’aumento della povertà.
Il riferimento del Premier a due temi che da sempre mi stanno a cuore e sui quali in questi anni ho espresso opinioni e convinzioni, cioè quello delle imprese, dei lavoratori legati all’economia reale e quello della povertà, mi trova, però, un po’ guardinga. Semplicemente perché rivoluziona anni di politiche economiche e monetarie orientate ai mercati finanziari, di cui anche Draghi si è fatto portavoce ed esecutore.
Altro cambio di orientamento dichiarato è quello sul fronte della riscossione delle cartelle esattoriali. In sostanza, a mio parere, si dice che accumulare milioni di cartelle inesigibili significa fare la guerra ai poveri. Per una volta si mette in discussione il principio di prendere un po’ a tutti per fare il totale più facilmente, perché si sa, i grandi evasori sono organizzati e si difendono in anticipo. Infatti, il “condono” sembra verrà limitato ad una piccola platea, sotto un certo reddito.
Luce accesa anche sulla riapertura delle scuole: necessaria per far tornare a vivere i ragazzi. Insomma, nel comunicare il Decreto Ristori si toccano temi di impatto sociale, quelli che hanno riguardato la maggior parte delle persone e che potrebbero essere fonte di tensioni sociali. Che sono, di fatto, bombe da disinnescare. I temi che hanno allontanato le persone dall’attuale politica, salvo cercare un punto di appoggio in momenti di grande difficoltà e cercare di continuare a credere nel futuro, perché è questo che ti porta avanti a sperare in un cambiamento.
Nel frattempo, la coda infinita dei poveri a Milano ha fatto il giro dei social e dei cuori, perché, non so a voi, ma il mio si è stretto davvero e si è rimpicciolito. È la crudezza della povertà, quella che non vuoi ammettere e che non dovrebbe riguardare i cittadini del 2021 in un Paese civile, che si allarga a macchia d’olio ogni giorno. Mi ha stretto il cuore perché Milano per me è da sempre una città in cui il confronto professionale mi ha permesso di evolvermi e di crescere, e il suo apparato industriale un motivo di orgoglio nel mondo per tutta l’Italia.
Per il resto la musica è sempre la stessa: pioggia di 32 miliardi di euro in arrivo, soldi che servono, rubinetti aperti perché gli effetti disastrosi da Covid19 non sono uno scherzo, e, soprattutto sono ancora in corso.
La curiosità adesso è vedere in quanti si allineeranno alla politica keynesiana della spesa a deficit, come da anni afferma il modello economico della Teoria Monetaria Moderna (MMT), spesso contrastato senza alcuna ragione concreta.
Non mi dite, però, che cambia la fonte e allora è diverso. Non mi dite che se i soldi vengono dall’Europa allora è diverso. Dobbiamo ancora vedere come andrà, e vigilare.
Almeno chi ha la passione di scrivere di economia come me per comprendere il futuro che ci aspetta.
Maria Luisa Visione
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