Settembre è arrivato: ci prepariamo ad affrontare l’ultimo quadrimestre ancora in emergenza.
Sì, perché le nostre vite, un po’ di tutti, hanno assunto la veste di trimestri, semestri e quadrimestri economici, al pari di una società per azioni che si appresta a chiudere un periodo di tempo per aprirne un altro, con i pro e con i contro relativi, ed arrivare, finalmente, a presentare i conti e i risultati definitivi dell’intero anno a dicembre.
I temi di incertezza intorno ai quali si chiuderà questo 2020 sono diversi e riguardano tutti gli ambiti.
Ne mettiamo in relazione alcuni, quelli che evidenziano l’aspetto umano, più che finanziario, anche se si originano da cause comuni.
Il tema di incertezza centrale è capire quanti posti di lavoro si sono persi e quanti si possono recuperare o riconvertire.
Senza entrare nel dettaglio delle risorse stanziate, i decreti emanati, compreso l’ultimo di agosto si portano a circa 100 miliardi di euro, con una connotazione a pioggia, mirata a distribuire un po’ di soldi a tutti i settori e alle varie categorie, a stimolare alcune tipologie di consumi, a sostenere il lavoro tramite indennità, incentivi e sgravi fiscali, a far ripartire il circuito virtuoso del credito per le imprese.
In effetti, abbiamo percepito un miglioramento della fiducia generale sia dei consumatori che delle imprese, come rileva l’Istat; tuttavia, il recupero di luglio e agosto non è stato omogeneo per tutti i settori. Emerge, invece, un peggioramento del clima di fiducia personale, sulla capacità individuale di sostenere i prossimi mesi, con la paura delle famiglie legata alla riduzione del reddito disponibile.
Su questo punto dobbiamo riflettere perché è l’aspetto umano che invisibilmente lega tutto e tutti.
Lega il tema della scuola e dell’Università, dove la scelta di tutela deve aprire alla prospettiva di aver privato della socialità quei luoghi rimasti gli unici ancora nella formazione di futuri uomini e donne, capaci di creare connessione fisica e non solo virtuale. Lega il tema dello smart working, che per molti è assolutamente da rifare, ma per altri ha tolto spazio e presenza, e non sempre ha regalato tempo utile.
Nel percorso di una persona che si reca a lavoro c’è la colazione al bar, il mezzo di trasporto, il buono pasto, l’acquisto in un negozio prima di rientrare a casa, che, in tutti i modi è economia. Ma dietro alla colazione al bar c’è il saluto di un amico che non vedevi da tempo e magari un appuntamento per un aperitivo fuori per parlare della sua nuova attività, e anche questa è economia.
L’economia e la socialità sono legate così tanto tra di loro che basta leggere i numeri del calo del fatturato del secondo trimestre 2020 relativi a chi ha sofferto di più a causa del lock down: Attività delle agenzie di viaggio – 93,0%, Alloggio – 88,3%, Trasporto aereo – 79,1%, Attività dei servizi di ristorazione – 64,2%, Commercio di autoveicoli – 43,9%. Questi numeri non possono passare inosservati come un qualsiasi titolo di coda.
L’emergenza non è finita e si ripresentano una serie di dinamiche complesse legate a un virus di cui, alla fine della fiera, abbiamo letto di tutto e di più. Ad oggi, nonostante i miliardi stanziati, si parla di un calo del PIL per tutti i Paesi senza precedenti, conseguenza del lock down.
Intorno a questo calo economico c’è il calo dell’avvicinamento sociale.
Aspetto non meno rilevante sul quale dobbiamo riflettere tutti per ripartire davvero.
Maria Luisa Visione