Ho ripreso a girare, a spiegare l’importanza dell’educazione finanziaria di persona, senza la divisione dello schermo. Mi accorgo che ancora, nonostante siano passati 9 anni da quando mi confronto con le persone su questo tema, la strada da percorrere è lunga.
Alla domanda di quale utilità, di quali benefici può restituire un percorso di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, non corrisponde un’unica risposta. Ma in questa rubrica che è nata proprio con lo scopo di diffondere contenuti economici in maniera semplice, voglio raccontarvi una delle risposte più centrali che in questo periodo mi sta particolarmente a cuore. Riguarda le donne vittime di violenza e la corrispondenza di tale condizione con un’altra violenza che si chiama economica, che è la non autonomia finanziaria, e che rappresenta un blocco altrettanto forte da rimuovere e sradicare.
Abbiamo sicuramente già letto che l’anno del lock down, il 2020, è stato quello dei picchi delle richieste di aiuto da parte delle donne al 1522; picco presente sia ad aprile che a maggio, probabilmente a causa delle contingenti condizioni di costrizione e della perdita di lavoro, ma anche a novembre, mese caratterizzato dalla campagna mediatica in cui si ricorda il fenomeno. Violenza soprattutto fisica; violenza psicologica; violenza oggi denunciata anche dalle giovanissime fino a 24 anni di età e in aumento per le donne con più di 55 anni; violenza stabile da parte dei partner per il 57,1% e in aumento nel 2020 da parte dei familiari.
La violenza economica nasce da una condizione di fatto, dipendere economicamente da qualcun altro, ma poi si insinua nella psicologia, nella fiducia personale di riuscire ad evolversi e a modificare una condizione esistente. Ed è questo l’aspetto saliente che abbiamo perso quando pensiamo alla forza dirompente di un processo educativo: non ricordare che lo studio apre la mente, allarga gli orizzonti, permette di ridefinire un pensiero laterale, alternativo a un pensiero comune dominante, aiuta ad avere un’idea critica e soprattutto a far pensare che si può cambiare sempre la condizione nella quale si vive e che si può migliorare.
Lo studio riposiziona la bilancia tra ciò che appare giusto e quello che è sbagliato e ci spinge in avanti.
Quindi, alla domanda “a cosa serve un percorso di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale” se non hai un lavoro o abbastanza soldi, voglio rispondere proprio questo. Serve a far capire che essere consapevoli delle proprie scelte finanziarie e saper organizzare le risorse disponibili è possibile e necessario per uscire da uno stato bloccante. Serve a pretendere con sé stessi di riprendersi quelle tutele che vengono tolte anche in virtù della non conoscenza e della non partecipazione alla propria vita economica, pensando di non averla, quando la sta guidando qualcun altro per noi.
Il primo passo è sempre “sentirsi in grado di” scegliere, ripartendo dalla fiducia nelle proprie capacità e uscendo da preconcetti e luoghi comuni. Dicendo no al “cosa ti serve, tanto non hai soldi”.
Sono molte le iniziative che stanno partendo intorno a questo tema, occasioni importanti per ricordarci che nessuna rivoluzione è stata mai fatta senza aver prima percorso un’altra rivoluzione molto più importante: quella culturale.
Maria Luisa Visione