Da sempre la nostra casa è il luogo di rifugio per eccellenza.
Lo è stata ancora di più adesso in questi ultimi due mesi, nonostante le restrizioni imposte e una libertà condizionata, o meglio annullata dalla paura delle possibili conseguenze dannose del contagio, per noi e per gli altri.
110% è il minimo del valore che tutti coloro che hanno rispettato le regole imposte hanno dato. Per questo, tra le tante norme dell’ultimo decreto varato, mi ha colpito proprio questa percentuale.
Nel DL Rilancio è stata inserita la detrazione fiscale del 110%, più di quanto si spende, a favore dei cittadini che effettueranno interventi per efficientamento energetico e adeguamento antisismico delle abitazioni, nel periodo di tempo che va dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 (il cosiddetto superbonus richiamante l’ecobonus). In alternativa, l’articolo prevede di usufruire dello sconto totale in fattura, con il meccanismo dei crediti di imposta.
In sostanza, si cede il credito di imposta all’azienda edilizia che effettua i lavori, che potrà trasferirlo a sua volta ad altri fornitori o alle banche per avere in cambio liquidità, creando un circolo virtuoso in grado di generare occupazione e crescita economica, con attenzione alla tutela dell’ambiente.
La finalità che si evince è quella di favorire la transizione energetica, dato che la condizione da rispettare per godere del beneficio è cambiare la caldaia, quindi sostituire il cappotto termico elevandone la classe energetica. Ferma questa condizione si possono effettuare altri lavori di ristrutturazione importanti per mettere in sicurezza la casa e migliorarne le condizioni di abitabilità. Un processo di riqualificazione estesa anche alle abitazioni popolari, accessibile a coloro che non hanno il denaro disponibile, grazie allo sconto in fattura. Norma quindi dal carattere ampio, importante su un settore trainante per il rilancio.
La riflessione che scaturisce riguarda l’utilizzo dei crediti fiscali per immettere liquidità che atterri all’economia reale.
Infatti, la stessa logica potrebbe essere applicata per altre finalità di carattere generale che abbiano condizioni altrettanto virtuose a quelle del superbonus, che mette al centro la messa in sicurezza degli edifici e il rispetto dell’ambiente, sostenendo fiscalmente l’intervento privato per scopi più che meritevoli, come il riferimento alla prevenzione degli effetti negativi di una catastrofe naturale.
In altre parole, se si affianca alla spesa non solo il vantaggio fiscale ma la possibilità di cederne l’ammontare come un credito esigibile e riconosciuto all’interna del sistema, diventa possibile trasferirne, cederne il valore, così come si fa con la moneta. Di fatto, lo sconto in fattura è moneta e circola come valore, creando un effetto moltiplicatore, nonostante non ci sia stata l’uscita monetaria effettiva dalle tasche del cittadino.
Un meccanismo interessante che viene però scartato a priori quando si ipotizza di creare strumenti, da parte dello Stato o degli enti locali, che circolano al pari di una moneta parallela, tramite il credito fiscale che potrebbe essere utilizzato per compensare le tasse da pagare.
In questo caso, tali crediti fiscali circolerebbero come strumenti di pagamento al di fuori del mercato europeo, ma all’interno di quello nazionale per finanziare l’economia reale. La ciliegina è che se venissero utilizzati in modo diffuso potrebbero arrivare ad alternarsi, se non addirittura a sostituire l’euro negli scambi interni di un Paese.
C’è da chiedersi se sono maturi i tempi per scelte così coraggiose.
Maria Luisa Visione
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