Da pochi giorni, licenziato il DEF 2019, mi risuona in mente la solita frase “l’aumento dell’IVA risulta incorporato nel Documento di Economia e Finanza”. Frase che dice tutto e dice niente. Perché un cittadino che la ascolta si chiede: “Significa che l’IVA aumenterà oppure no?”. Dai proclami politici è un’ipotesi scongiurata ma, di questi tempi, tutto può cambiare in un battibaleno.
Infatti, sono cambiati scenario macroeconomico e quadro congiunturale, peggiorati, in sintesi, rispetto alla fine del 2018. Nello specifico siamo passati da una proiezione di crescita tendenziale dell’1% allo 0,1%: nove volte meno, ma per i non addetti ai lavori, non ci si fa caso, dato che sembrano sempre piccoli numeri.
Prima pillola su cui fare attenzione: si legge nel DEF che appare probabile una riduzione di spesa pubblica di 2 miliardi di euro, causa deviazione dall’obiettivo di indebitamento netto. Tuttavia, verrà mantenuta la rotta verso il pareggio di bilancio strutturale e, soprattutto, si mira a portare il rapporto debito/PIL al 129% nel 2022.
Seconda pillola su cui riflettere: si stima di rilanciare l’occupazione grazie alla misura del Reddito di cittadinanza. Di quanto? Precisamente la previsione riporta una riduzione del tasso di disoccupazione che scenderebbe quest’anno dall’11% al 10,5%; l’anno prossimo dall’11,2% al 9,7%; nel 2021 dal 10,9% al 9,3% e nel 2022 dal 10,6% al 9%. Effetto direi gigantesco sulla disoccupazione, in pratica si parla di una riduzione di circa il 20% a tendere con un PIL reale tuttavia stimato allo 0,9%, cioè allo stesso livello del 2018.
Ma arriviamo alla terza pillola che riguarda l’IVA. Le previsioni tendenziali indicate nel DEF incorporano l’aumento dell’IVA a gennaio 2020 e a gennaio 2021, così come un lieve rialzo sui carburanti a gennaio 2020. Conseguenza di ciò: minore crescita del PIL reale e rialzo dell’inflazione. Inoltre, l’effetto positivo dei provvedimenti Reddito di Cittadinanza e Quota 100 si ridurrebbe a causa dell’aumento dell’IVA, in seguito al rialzo dei prezzi al consumo. Tanto che ti chiedi: se aumentare l’IVA ha come conseguenza meno crescita reale, più inflazione e minore reddito effettivo disponibile, perché c’è nel DEF? Scusate, è vero, si legge poi che per evitare che scattino le clausole di salvaguardia IVA verranno varate “misure alternative”.
Quarta pillola: favorire il ceto medio con le riforme fiscali, vedi Flat-tax. Sul punto la Confesercenti osserva che, comunque, se scattasse l’aumento dell’IVA le famiglie in questione pagherebbero meno IRPEF ma più tasse sui consumi e, alla fine dei giochi, ci rimetterebbero 8 miliardi di euro. Quindi non conviene aumentarla per non vanificare gli effetti delle riforme fiscali.
Infine, definiamo “ceto medio”: coloro che stanno in mezzo a pochi ricchi e a una moltitudine di precari, dato che la classe operaia è praticamente scomparsa. Concetto molto diverso dal passato; oggi se hai uno stipendio regolare ti puoi considerare nella classe media, ma sei vulnerabile perché il reddito è fermo e le spese aumentano.
Dalle pillole che ho estrapolato appare evidente che le stime sono cambiate, ma è rimasta da salvaguardare l’IVA. Per le “misure alternative” aspettiamo lo scacco matto: ovvero circa 23 miliardi di euro a breve.
E i numeri evidenziati sono definitivi? Fino al prossimo aggiornamento.
Maria Luisa Visione