Dovremmo partire dalle soluzioni se siamo davanti a situazioni e scenari inattesi e imprevedibili.
Invece, ci costringono a partire dalle fragilità.
La prima: a sei settimane dall’emergenza sanitaria siamo in attesa dell’esito della riunione dell’Eurogruppo per capire quale risposta sarà data, in denaro, all’emergenza economica di tutti, nel breve e nel lungo periodo.
Qual è il motivo per il quale non è stato trovato velocemente un accordo tra gli Stati membri dell’UE?
Nessuno conosce ancora l’impatto economico definitivo, quindi di quanti soldi ci sarà effettivamente bisogno. Eppure numeri e stime parlano chiaro per tutto il mondo. Preferisco riportarli in trimestri, vista l’incertezza tuttora dominante, anche a fronte del fatto che non possiamo conteggiare la ripresa che potrebbe conseguire in un trimestre successivo al trimestre precedente, compensando il totale a chiusura dell’anno.
Partiamo dall’indice PMI composito di marzo per i settori manifatturiero e servizi dell’UE che ha toccato il minimo della sua storia a quota 29,7, vedendo l’Italia addirittura a 20,2, mentre per i soli servizi – cioè turismo, ristorazione, alberghi, viaggi, – passare per l’UE da 52,6 a 26,4 e per l’Italia scendere a 17,4. La spiegazione è data dalla chiusura obbligata delle attività non ritenute necessarie in regime di pandemia, che ha visto il nostro Paese partire prima degli altri. Questo ci deve far comprendere che, fermo restando la gravità della situazione, non potevamo aspettarci dati diversi visto le misure e le restrizioni in corso. In termini di PIL, significa una contrazione trimestrale di oltre il 2% per l’UE e di circa il 4% per l’Italia.
Per gli Stati Uniti si stima una contrazione dell’economia nel secondo trimestre a due cifre (dal 24 al 34%).
Ora anche se alcuni Paesi sono più fragili di altri il problema è comune; si tratta di comprendere il ritardo con cui le conseguenze economiche si innescheranno per alcuni rispetto ad altri. Se, ad esempio, un Paese ha un’economia fondata sull’export, se continua a produrre perché le imprese sono sostenute e finanziate ma non può esportare, vuol dire che dovrà far conto solo sui consumi interni.
La seconda fragilità è quella per cui fino ad oggi sono stati pensati, a livello europeo, solo strumenti adatti a mantenere la stabilità finanziaria, cioè l’inflazione al di sotto di una certa soglia, e a non creare instabilità causata da crisi bancarie. Quindi, si è portato avanti un sistema che non prendeva in considerazione eventi di impatto sull’economia reale, ma solo crisi finanziarie, eliminano la possibilità per gli Stati di finanziarsi da soli e istituendo un organismo come la BCE che può finanziare solo le banche, ma ribadisco, non gli Stati.
Purtroppo, però, la situazione attuale non è determinata dalla cattiva gestione dei bilanci bancari o statali, ma da un evento straordinario di portata altrettanto straordinaria.
La terza fragilità è che quando crei strumenti che non pensano alle persone ma al funzionamento dei mercati in generale, crei anche istituzioni che sono burocratiche, piene di regole, non veloci, elette secondo dettati tipici di una società per azioni orientata ai numeri. Di conseguenza accade che ti ritrovi:
- un MES che decide in emergenza sulla base delle partecipazioni degli Stati, cioè di quanto ognuno ha già fatto confluire, perché prendi a prestito soldi che hai versato prima nel fondo comune destinato agli aiuti;
- un ipotetico SURE, che consente alla Commissione Europea di raccogliere risorse finanziarie fino a 100 miliardi di euro, a fronte di garanzie da parte degli Stati, per il quale il Parlamento Europeo non ha nessuna voce.
Nel caso del MES, dal momento che la Germania ne possiede il 27%, la Francia il 20% e l’Italia il 18%, una scelta che riguarda tutti è condizionata nelle modalità di attuazione prevalentemente dall’asse franco-tedesco. Nell’altro caso, il SURE, ti indebiti per fronteggiare la disoccupazione e devi restituire al tasso della Commissione, più basso, visto il rating più alto della stessa.
Comunque la giri ti indebiti, ma anziché farlo da solo con la garanzia dello Stato, lo fai controllato e supervisionato. Non è che se prendi i soldi non li restituisci. Sentiamo parlare di versioni light, ma la sostanza è sempre la stessa, prendi a prestito. L’assurdo è che nel MES lo fai dopo esserti indebitato per dare soldi allo stesso.
Gli Stati Uniti hanno già comunicato i dati in calo sull’occupazione e non sono esenti dal Covid 19, ma il 20 marzo scorso, senza alcuna esitazione, hanno annunciato il piano Cares per 2 triliardi di dollari, in quanto essendo un’unione federale, fanno immediatamente le sovvenzioni, che sono sempre prestiti, ma non c’è bisogno di una negoziazione tra privati per farle arrivare a chi ne ha bisogno.
Non so quale soluzione ci sarà data, ma non pensiamo assolutamente che sarà gratis perché un sistema siffatto non si basa su soluzioni eque secondo il parametro “umanità”.
Quindi, dal momento che non lo sarà, mettiamoci nell’ordine di idee che dobbiamo essere forti, perché non è un tavolo per delfini.
Dobbiamo esserlo perché abbiamo menti brillanti, luoghi magici, gioielli di aziende, e un cuore che va sempre al di là degli ostacoli.
Maria Luisa Visione