Fuga di cervelli italiani all’estero e abbandono prematuro della scuola: perché?

Permane lontano dalla media UE di ben 10 punti percentuali il tasso di occupazione e l’Italia continua a restare indietro sul lavoro delle donne: il tasso di occupazione maschile supera di quasi 20 punti percentuali quello femminile. Divario tutto italiano dal quale si generano disuguaglianze salariali e vulnerabilità economica.

Ma non è l’unico fenomeno che ci appartiene del quale non esser fieri: la CGA di Mestre rileva che sono stati 465.000 i giovani che nel 2022 hanno abbandonato la scuola prematuramente. Giovani che per motivazioni differenti, che andrebbero indagate, dallo status finanziario di appartenenza alla mancanza di un’idea di futuro legata alla forza della propria istruzione, si incamminano verso la categoria dei NEET, altro numero in eccesso del quale non esser contenti. C’è da dire che una parte di quelli che ricevono istruzione e formazione in Italia scappano all’estero; sempre la CGA di Mestre rileva che, nel 2022, 55.500 cervelli italiani sono andati via, portando con sé competenze e abilità acquisite.

Entrando nel merito della sanità, settore strategico per qualsiasi Paese, sul quale bisognerebbe investire fondi pubblici per permettere alle eccellenze di contribuire allo sviluppo di un modello sociale che rispetti i principi costituzionali fondanti e che realizzi innovazione e distintività, attingendo ai dati della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, solo tra il 2022 e il 2023 abbiamo avuto 11mila camici in fuga; erano stati quasi 39mila tra 2019 e 2023.

Il motivo della fuga? Di certo è la retribuzione più alta la ragione principale. Dai dati della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, solo in Portogallo e Grecia gli stipendi dei medici sono più bassi dei nostri. Nel resto dell’Europa, in media si potrebbe guadagnare fino a 60mila euro in più, con punte in Lussemburgo, dove la differenza con la remunerazione italiana della categoria è di 205.000 euro in più; in Islanda e Olanda è di oltre 110.000; in Danimarca e Irlanda è più di 100.000 €. Numeri che fanno pensare a un orientamento diverso, altrove, nei confronti delle competenze e della capacità di valorizzare professioni importanti restituendo un compenso equo rispetto all’investimento formativo e alla professionalità.

A proposito di competenze, rimanendo in tema, l’Italia è nella top 10 per numero di pubblicazioni scientifiche sull’Intelligenza Artificiale. I dati provengono da un’analisi di Elsevier presentata durante l’evento “Le sfide della scienza: dal policy making all’intelligenza artificiale” (fonte: Il sole 24 ore). In particolare, l’Italia è la sesta nazione con maggior numero di pubblicazioni scientifiche in vari campi, superata solo dalla Germania, in ambito UE. Evidenza di un percorso formativo di tutto rispetto, del quale non sempre tutti si rendono conto, che trova nella ricerca un fine nobile. Eppure, per la ricerca e sviluppo in Italia si spende ancora poco in relazione alle potenzialità, non alimentano la visione strategica di lungo periodo, vincente in ottica di risultati strutturali.

Ma sono certa che se esploriamo altri settori troveremo altre evidenze di competenze e abilità che bisognerebbe valorizzare e non perdere.

Bisognerebbe valorizzare l’istruzione e la formazione in funzione dei nuovi bisogni, ricontestualizzandole, senza snaturare propensione e desideri.

Leonardo da Vinci, un genio assoluto per qualsiasi epoca, fu: scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, matematico, anatomista, botanico, musicista, geologo, ingegnere e progettista. Certo, unico nella storia.

Ma la conoscenza genera libertà.

Maria Luisa Visione