Viviamo l’epoca della sharing economy, l’economia della condivisione, che mette in comune costi e benefici dei servizi per realizzare l’economia dell’accessibilità. Peso e lentezza della burocrazia sono un ricordo e, per chi partecipa, è possibile arrotondare le entrate o ridurre le spese, in modo semplice. Come già accade nei paesi anglosassoni, il valore di una casa non è più legato solo al possesso, ma al futuro rendimento potenziale del bene.
In questa logica, un giovane di appena vent’anni, oggi, si proietta nell’opportunità di sviluppare il proprio talento, non pensando tanto ad avere una casa di proprietà, quanto al beneficio di poter visitare il mondo per realizzarsi, al ritmo della nuova era. Non ha necessità di acquistare casa all’estero, esiste Airbnd e può avere casa in ogni parte del mondo. In sintesi, la possibilità di realizzare il suo talento e di crescere professionalmente supera la necessità di certezze legate al mondo del possesso.
Ho riletto in questi giorni i dati di una ricerca di Career Paths del 2014 che indica alle famiglie italiane di cambiare approccio rispetto all’investimento in educazione. Viene messo a confronto il ritorno economico annuale del denaro impiegato nello studio dei figli, rispetto a quanto destinato all’acquisto di Immobili (da destinare ai figli). Dai dati, investire in educazione, rende dal 69%, per una laurea triennale in Italia, al 30% per un percorso universitario negli Stati Uniti, contro il 4,3% dell’investimento immobiliare (media città italiane). A mio avviso, non è solo un risultato quantitativo. C’è una radice culturale profonda da esplorare.
Oggi capitale umano e necessità reali del sistema economico appaiono disallineate nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro dei giovani. Allinearli non è semplice. Occorre tener conto delle attitudini e delle aspirazioni personali; saper orientare verso i lavori del futuro; restituire valore alle competenze tecniche e professionali; creare esperienze pratiche presso aziende e studi professionali facendo interagire scuola e mercato del lavoro; considerare competenze di base la padronanza delle lingue straniere, la matematica, il problem solving, la capacità di leadership; rimarcare la qualità dell’etica e della deontologia professionale e non solo l’importanza del risultato.
Meno del 40% dei nostri studenti partecipa a un’attività internazionale organizzata dalla scuola (fonte IPSOS – IV Rapporto). Quando, in realtà, abbiamo esperienze di successo paragonabili a quelle del resto del mondo: l’Università Ca’ Foscari, ateneo attivo che lavora in integrazione con le Camere di Commercio e le imprese; l’ISIS Malignani, scuola pubblica di eccellenza nell’interscambio con le aziende; Fondazione Altagamma nell’apprendistato per artigiani (fonte Studio ergo Lavoro Mckinsey, 2014). Per citarne alcune.
In Italia, oltre l’80% di disoccupati si rivolge ancora ad amici, conoscenti e familiari per cercare un posto di lavoro.
I nostri giovani vogliono essere parte attiva del futuro. Investiamo nell’educazione e nello sviluppo delle competenze verso l’eccellenza, ritrovando un mondo del lavoro che si evolve verso l’alto, in sintonia con il prezioso patrimonio culturale e esperienziale del nostro tessuto economico e industriale, che non ha nulla da invidiare a nessuno.
Con lo sguardo ai desideri, diversi, dal passato.
Maria Luisa Visione