Immagina di aprire la posta elettronica e di trovare la comunicazione di licenziamento dal lavoro, senza se e senza ma, con una serie di motivazioni tecnico-economiche, al secondo anno della pandemia in corso, quando stavi appena riorganizzandoti per il futuro.
Nell’apprendere di una tale vicenda, non ho potuto fare a meno di pensare a come sia possibile dimenticarsi così dell’umanità, negando persino la dignità di un confronto personale a coloro che fino a poche ore prima hanno varcato la soglia del posto di lavoro, come ogni altro giorno, inconsapevoli di un tale esito ravvicinato.
Non esiste economia che possa funzionare in maniera efficace senza rispetto della dignità umana e ciò che mi rattrista profondamente è scorgere il rischio dell’abitudine a comportamenti e dinamiche che sono lontani anni luce da ciò che è giusto e da ciò che è sbagliato, e da ciò che va fatto, oppure no, soprattutto in situazioni di crisi. Mi scuote la possibile abitudine a far diventare normale ciò che di normale, a mio avviso, non ha davvero nulla.
È colpa della diminuzione della domanda dei veicoli leggeri; è colpa dell’andamento negativo del comparto automotive, della pressione al ribasso dei prezzi, insomma del conseguente disequilibrio tra costi e fatturato. Motivi numerici che si traducono nella chiusura di una fabbrica di semiassi a Campi Bisenzio e nel licenziamento in tronco di 422 lavoratori.
Ho ancora in mente le scene di qualche film, di immagini dedicate a raccontare la difficoltà nel dover ristrutturare un’azienda, nel dover prendere decisioni di tagli del personale, e per la maggior parte delle volte spesso la storia aveva un lieto fine e proponeva eroi imprenditori dimenticati, azioni quasi impossibili pur di salvare il valore che un’azienda rappresenta per ogni lavoratore e per la società. Ma se si sta riscrivendo la storia proprio adesso, come in molti sostengono, spero davvero di non vedere mai un nuovo film in cui si racconta il licenziamento del protagonista facendolo apparire mentre legge un messaggio watsapp.
Linguaggio innovativo, da multinazionali? No, mi spiace, comunicare il licenziamento in e-mail è inaccettabile e richiede una posizione netta da parte delle Istituzioni, nei tavoli e con il linguaggio che chi accetta di rappresentare i cittadini deve avere.
Perché non si può pensare che tutto sia normale e consentito, a causa delle crisi aziendali e del cambio dei tempi.
Quante sono le crisi aziendali in corso, è attivo il tavolo di monitoraggio istituzionale per affrontarle e cercare delle soluzioni prima che intervengano delocalizzazioni e chiusure di stabilimenti? La ragione è da rintracciare nello sblocco dei licenziamenti? La vicenda deve farci interrogare adesso su quali tutele ci devono essere per il lavoratore in situazioni simili, situazioni che si affacciano a diventare forse più frequenti di quanto potevamo immaginare.
Se non riusciamo a sterzare su questo, a riprenderci il valore umano, la vera sconfitta di questo tempo sarà che non abbiamo imparato nulla. Non è che se non ci riguarda direttamente, possiamo oltrepassare la questione. Prima di tutto perché domani potrebbe riguardare noi o persone a noi care. Ma, poi, soprattutto, perché la tutela del lavoro riguarda sempre tutti, ognuno di noi, indistintamente.
In ogni epoca, in ogni mare, in ogni perché.
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Queste parole sono il mandato che i Padri Costituenti hanno affidato ai governi futuri scrivendo il primo comma dell’art. 4, con cui costruire una Repubblica fondata sul lavoro.
Maria Luisa Visione