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Il mercato del lavoro nel DEF 2018

Come promesso con l’approvazione del DEF 2018, l’attenzione la rivolgiamo al lavoro.

Quali dati abbiamo per impostare un ragionamento, o, quantomeno una riflessione su un tema così importante, che da sempre riguarda tutte le generazioni, che rappresenta l’elemento fondamentale sul quale costruire il futuro di un Paese?

Nel DEF si parla di tendenza favorevole del mercato del lavoro. Affermazione supportata dalla crescita riportata in contabilità nazionale del numero occupati, pari all’1,1%; crescita concentrata sulla componente dipendenti. I lavoratori indipendenti si riducono. Quindi, meno partite iva e meno lavoratori autonomi.

Di contro il tasso di disoccupazione scende di 0,5 punti percentuali rispetto al 2016, portandosi all’11,2% (10,9% a fine anno).

Altro punto di attenzione messo in evidenza è la distanza tra il 2009, momento più grave della crisi, quando il PIL aveva fatto registrare una caduta del 5,5% e settembre 2013, data in cui si arresta la caduta degli occupati, sottolineando il ritardo importante con il quale il mercato del lavoro reagisce alla ripresa.

Si afferma, poi, con soddisfazione, che a febbraio 2018 il numero di lavoratori con contratto a tempo indeterminato (14,935 milioni) è vicino al livello massimo raggiunto prima della crisi (15,032 milioni nel luglio 2008).

Ora, per renderci conto su quale binario siamo, facciamo qualche confronto (consultando la medesima Fonte).

Persistono negli Stati Uniti livelli di disoccupazione storicamente bassi (prossimi al 4%) e lo stesso avviene in Giappone e Germania. Tuttavia si legge che in questi Paesi “esistono ancora riserve di lavoro non pienamente utilizzate, che potrebbero essere attivate attraverso un aumento del tasso di partecipazione e un riassorbimento del part-time involontario”.

Quindi mi chiedo quante riserve di lavoro non pienamente utilizzato esistono in Italia con un tasso di disoccupazione dell’11%.

Se, però, vogliamo essere ottimisti, diamo uno sguardo alla tabella previsionale tendenziale. Ricordiamoci che i dati contenuti nel DEF, sono stati dichiarati prudenti, come dire, ottimisti, ma non troppo.

Tasso di disoccupazione per il 2018: 10,7%: 10,2% nel 2019; 9,7% nel 2020; 9,1% nel 2021.

Rimane curioso che nella stessa tabella il tasso di occupazione e il PIL, per gli stessi anni previsionali, diminuiscono. Quindi, mentre rallenta la ripresa, magicamente, la disoccupazione scende.

Intanto, l’Eurostat certifica che in Italia, entro 3 anni dalla laurea risultano occupate il 58% delle persone under 35 a fronte dell’82,7% nell’UE dei 28 Paesi aderenti e del 92,7% in Germania, Paese sempre virtuoso.

Se, invece, un giovane italiano si ferma al diploma, su base 100, potrà far parte degli occupati entro 3 anni, se avrà la fortuna di rientrare nell’attuale percentuale, davvero bassa, del 42,6%.

Io non so voi, ma fermo restando, che i numeri possono avere svariate interpretazioni, non mi sembra che per il lavoro sia arrivato l’arcobaleno. Eppure di pioggia ne abbiamo vista cadere molta.

E, dal mio punto di vista, è davvero inaccettabile.

Maria Luisa Visione

Francesco Laezza

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Francesco Laezza

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