Di guerra si tratta, una guerra che non si combatte con fucili e carri armati, ma a colpi di tagli di rating e di spread. La guerra finanziaria è guerra vera e non ammette passi falsi. In battaglia è la strategia che fa la differenza, anticipare le mosse dell’avversario, e, non da meno avere in tasca il piano B, l’asso nella manica da tirare fuori al momento giusto.
Luglio 2018: visita del premier Conte a Trump; diverse le letture e le opinioni, ma univoca la sensazione di un’alleanza ritrovata. Ottobre 2018: JP Morgan, in controtendenza ai timori diffusi della maggior parte dei fondi esteri, vede nel crollo dei Btp un’opportunità di posizionamento, dichiarandone l’appetibilità anche se lo spread dovesse salire a 400 punti. In questi giorni, dopo l’aumento dello spread, non tarda ad arrivare la decisione di una delle società di rating Moody’s che declassa l’Italia, ma scampiamo il doppio downgrade e il livello junk, spazzatura. Effetti che si ripercuoteranno sul sistema bancario italiano, suscettibile ora di subire il taglio di rating di un gradino per alcuni istituti rendendo difficoltosa l’emissione di nuovi titoli obbligazionari, quindi, il finanziamento per il rimborso delle obbligazioni bancarie in scadenza. Per le banche italiane ricordiamo che all’orizzonte si prospetta anche la restituzione della liquidità presa a prestito dalla Bce, non subito, certo, ma a partire dal 2020.
La buona notizia sul rischio Paese Italia è che l’outlook di Moody’s, ovvero la prospettiva dell’emittente nel medio periodo (da 6 a 24 mesi) viene mantenuto stabile citando, tra le ragioni più significative per sperare in un miglioramento nei giudizi successivi, “l’elevata ricchezza privata” in mano agli Italiani.
Resta curioso che rispetto al 1988, quando i piccoli risparmiatori avevano in mano più del 50% del nostro debito pubblico, oggi circa il 50% lo detengono banche, assicurazioni e fondi italiani. Le famiglie, invece, mantengono in portafoglio solo il 6%, contro un terzo detenuto dagli stranieri. Una maggiore quota dei Titoli di Stato in mano ai risparmiatori italiani potrebbe fungere da stabilizzatore per lo spread, ma invertire tale proporzione, non sembra una soluzione a breve. Anche se, soprattutto per i Btp, incentivi fiscali, quali la totale detassazione, potrebbero convincere sull’accettare un rischio sostenibile maggiore. Il discorso, tuttavia, è complesso.
Così mi chiedo, abituata a guardare in prospettiva: metti che si arrivi davvero in fondo e, di fronte al rifiuto di abbassare il rapporto deficit/PIL, dovessimo schierare il battaglione per rispondere alla minaccia della Troika: ci sarà un nuovo sbarco in Normandia?
Alla fine della seconda guerra mondiale l’arrivo delle forze alleate liberava l’Europa dal controllo della Germania. E senza voler scadere in luoghi comuni, la guerra finanziaria oggi si combatte con le alleanze.
A nessuno conviene che usciamo dall’UE e diamo man forte alla Brexit. O forse il piano B è già pronto e non lo sappiamo? Se così fosse mi auguro che sia dettagliato e studiato nei minimi particolari.
Come dire: non abbiamo avuto scelta, ma sappiamo bene come difenderci.
Maria Luisa Visione