Mi colpiscono sempre alcune notizie che passano quasi sottovoce in una crescente normalità di accettazione che non mi appartiene. Il titolo sembra addirittura un paradosso “Un neo assunto su 3 non si trova”, dal recentissimo dossier dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre che fa il punto sulla difficoltà degli imprenditori italiani di reperire personale da assumere (fonte dati Unioncamere-ANPAL, Sistema informativo Excelsior).
Stiamo parlando di una difficoltà di reperimento in media di ben 32,8 punti percentuali, più accentuata a Nord Est, causata soprattutto dalla mancanza di qualifiche adeguate. Ciò che è interessante osservare è che anche nel mondo del lavoro si assiste ad un mercato che ha creato un profondo spartiacque; da un lato c’è il personale altamente qualificato che manca, dall’altro quello con bassissime competenza e specializzazione, sottopagato.
Proviamo a tradurre questa prospettiva. Siamo davanti a un disallineamento tra le competenze richieste e quelle offerte e, tra l’altro, questo fenomeno ci viene segnalato da diverso tempo. In pratica, la formazione scolastica o universitaria non corrisponde ai profili lavorativi richiesti, oppure, aspetto ancora più drammatico, in alternativa, ci sono occupati sovra-istruiti, cioè persone che pur di lavorare si sono adattate ad una qualifica lavorativa inferiore all’istruzione e alle competenze acquisite.
Infatti, in Italia, secondo lo studio citato, la maggior parte dei laureati lo è in materie umanistiche o sociali, poco appetibili rispetto alla richiesta del mercato del lavoro, mentre i ricercatissimi laureati in materie scientifiche quali matematica, fisica e così via, non si trovano.
Le figure professionali che in generale mancano sono tecnici informatici, addetti alla vendita, esperti in marketing, progettisti, ingegneri, cuochi, camerieri, operai metalmeccanici ed elettromeccanici e, anche, conduttori di mezzi di trasporto, cosa impensabile fino a ieri. Tuttavia, se un giovane volesse mettersi alla guida di un Tir dovrebbe ottenere l’apposita patente investendo tra i 2.500 e i 3.000 euro e, questo, insieme alla faticosità di tale mestiere, scoraggia in partenza.
Se è facile comprendere che un laureato non si voglia adattare a fare un lavoro per il quale non ha studiato o che non corrisponde alle sue aspettative e ai suoi desideri e che il campo scientifico più richiesto risulti meno gettonato dagli studenti italiani, apprendere che in molte città ci sia una percentuale media di difficoltà di reperimento che va da più del 27% al Sud a oltre il 48% al Nord, è meno scontato. Come interpretare i numeri?
Siamo un Paese che non valorizza l’esperienza. Se non ci sono i giovani, c’è tanta gente meno giovane in cerca di lavoro, per la quale però non possiamo applicare vantaggi fiscali all’assunzione perché non previsti, né attenderci di pagare stipendi da stagisti, perché magari non sono più a carico del nucleo familiare, ma devono mantenere loro una famiglia. Non favoriamo percorsi di formazione sulla fascia bassa, né incentiviamo con misure fiscali adeguate, ricollocamenti del personale, accompagnando con percorsi di crescita e aggiornamento, persone che preferiamo lasciare a casa a dequalificarsi nell’attesa. Lasciamo che le menti più brillanti fuggano all’estero perché vengono pagate una miseria e spesso non motivate, in quanto non destiniamo abbastanza fondi alla ricerca e allo sviluppo.
Ho visto di recente in un film prospettare a un chirurgo vicino ai 70, lucidissimo nella mente, ma non più affidabile nel corpo, di guidare l’equipe operatoria in videoconferenza durante gli interventi in sala per non perdere il saper fare e trasferirlo insieme al sapere. E a leggere questi numeri riesco ancora ad adirarmi e ad avere il magone del perché quando le cose non funzionano non le cambiamo dalla causa, ma raccontiamo solo gli effetti.
Quindi, interroghiamoci, su cosa stiamo facendo per fare in modo che domanda e offerta di lavoro si incontrino sotto il passaporto della tutela, della dignità, della remunerazione, delle aspirazioni e dello sviluppo culturale ed economico, perché questa responsabilità ci appartiene.
Maria Luisa Visione