La Germania dice no al Recovery Fund, o meglio è la Corte suprema tedesca che impone il veto, chiedendo al Presidente della Repubblica Steinmaier di non ratificare la legge, in attesa dell’esame di legittimità costituzionale.
La prima considerazione lecita è dunque: allora non è vero che qualsiasi disposizione di diritto europeo si pone al di sopra del diritto costituzionale di un Paese membro.
Il fatto è questo: nonostante l’approvazione delle due camere, Bundestang e Bundesrat, 2.200 cittadini tedeschi guidati dall’economista Bernd Lucke hanno fatto ricorso all’approvazione in atto della Germania, argomentando di non voler condividere il debito con i Paesi “deboli” dell’UE, in vista della possibilità – domani – di doversi far carico di somme di denaro dovute da altri.
Anche se tutto dovesse risolversi in tempi brevi emergono due fatti politici su cui ragionare. Il primo è che rimane vivo e attuabile un diritto di interesse nazionale a cui appellarsi laddove si ritenga di andare incontro a oneri finanziari generati indirettamente, che, di conseguenza, possono ledere gli interessi economici del Paese membro. Un ragionamento lineare che dimostra quanto è lontano il sogno europeo dell’Unione dei popoli dalla realtà, visto le motivazioni che determinano la messa in campo del Recovery Fund, ovvero la pandemia quale evento straordinario sistemico: ragione che da sola basterebbe per attivare le risorse, se davvero si fosse maturato nei popoli lo spirito comunitario europeo.
Il secondo fatto politico è che, anche se tutto si dovesse risolvere in una bolla di sapone, si è rivendicata la giusta posizione di un Paese che si sente in diritto di far valere la propria Costituzione sui Trattati Europei e che in futuro, politicamente, tale posizione potrà essere ricordata ai cittadini nel determinare li consenso politico.
A mio avviso tale vicenda mette in luce uno spirito nazionalista tedesco che si riconferma quale elemento caratteristico, culturale e storico, di questo popolo, che viene fuori, all’occorrenza, ricordando un amore innato e mai dimenticato per la propria Patria. Condivisibile? So bene che su questo terreno le posizioni si dividono e rimangono separate. Ma in termini di diritto il ricorso è assolutamente lecito e preoccupa Bruxelles, in quanto la motivazione è la difesa dei diritti economici e sociali dei cittadini, per la quale si rimane tedeschi, prima di essere europei.
Quello che mi chiedo è se, precedentemente, all’approvazione e all’inserimento nella Costituzione italiana di alcune norme derivate dal fiscal compact, qualcuno dei nostri politici avesse quanto meno anteposto la difesa dei diritti costituzionali alla cessione di sovranità nazionale. Come sappiamo non è successo. Oggi siamo nella situazione per cui, se tutti i 27 Paesi non ratificano il Recovery Fund, lo strumento non parte. Nel frattempo che si trova la quadra, però, il tempo passa e le difficoltà aumentano, soprattutto per chi si trova in una situazione di debolezza, dovendo chiedere il permesso prima di spendere per il bene pubblico.
Perché per noi il secondo comma dell’art. 3 della nostra Costituzione che impone l’obbligo alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che limitano la realizzazione della dignità umana è stato totalmente disattivato, cedendo gli strumenti di politica fiscale e monetaria, senza batter ciglio?
Maria Luisa Visione