Non sempre a primo acchito appare evidente quanto la tutela del risparmio di un Paese dipenda dalle sue politiche economiche. E, neanche, il fatto che l’ammontare degli interventi pubblici in Italia a sostegno del settore finanziario siano stati molto più bassi che in tutti gli altri principali Paese Europei.
Si sta parlando di un impatto sul debito pubblico dell’1,3% del PIL lordo alla fine del 2017 per l’Italia, contro picchi in momenti di crisi economica del 4% per la Francia, del 5% in Spagna, del 12% in Germania e del 13% nei Paesi Bassi (fonte Eurostat).
Un dato su cui riflettere che fotografa fondamentali evidentemente ancora solidi per il nostro sistema bancario, nonostante il rallentamento economico che ci sta caratterizzando nell’ultimo periodo. Il legame tra sistema bancario e economia reale è un legame imprescindibile, non si può pensare che effetti e conseguenze non siano collegati.
Parliamo proprio di tutela del risparmio; le famiglie italiane detengono direttamente e indirettamente (nell’attivo degli intermediari) titoli pubblici per un valore nominale di circa 950 miliardi. Gli investitori esteri nel frattempo (da maggio ad agosto) hanno venduto titoli pubblici italiani per quasi 67 miliardi, soprattutto per i timori legati all’evoluzione dei rapporti con le istituzioni europee e al rischio di ridenominazione del debito pubblico. Cosa significa? Significa che il mercato ha prezzato il rischio di uscita dell’Italia dall’UE con la conseguenza della ridenominazione della valuta dei suoi Titoli di Stato, insieme al rischio di default del nostro Paese. E banalmente i due rischi si autoalimentano.
Il tema è però quello della fiducia.
Nella percezione dell’investitore italiano i Titoli di Stato hanno sempre rappresentato solidità e ricchezza; non credo che nessuno, quando siamo entrati nell’UE si sarebbe mai potuto immaginare che potesse esistere un rischio di fallimento per nostri i titoli pubblici, figuriamoci il rischio di ridenominazione che attenzione, in questo momento, nel resto dell’area Euro per gli altri investitori è rimasto contenuto.
Allora, quando si parla di tutela del risparmio, il discorso non può diventare solo che con il rialzo dello spread si sono ridotti i controvalori dei portafogli degli Italiani, o che, i titoli di Stato Italiani sono all’interno di polizze, fondi pensione o altre gestioni, perché si continua a minare la fiducia e a creare incertezza. Alla fine, nella percezione delle persone, rimane che non si può più avere fiducia nemmeno nei nostri titoli pubblici, proprio come la favola che solo in Italia lo Stato ha dovuto dare aiuti al sistema finanziario, quando a conti fatti, siamo quelli che in Europa ne hanno dati meno di tutti di aiuti di Stato.
Dimenticavo, ma la maggior parte delle persone sa cos’è il rischio di ridenominazione?
Se ho 20.000 euro di BTP, tale rischio comporta che potrei avere gli stessi titoli nella nuova lira in caso di Italexit, per un controvalore pari al tasso di conversione euro/nuova lira stabilito dallo Stato. Se, per ipotesi il rapporto di conversione fosse 1/1, avrei 20.000 nuove lire, con la totale garanzia dello Stato emittente.
Paradossalmente è un timore legato alle variazioni di mercato, perché in tale ipotesi, lo Stato non sarebbe più soggetto a rischio di fallimento.
Rimane invece fondamentale che l’economia reale cresca insieme al lavoro e agli investimenti pubblici e che il risparmio venga sempre tutelato, in qualsiasi forma, come ci ricorda la nostra Costituzione.
Maria Luisa Visione