Siamo uno dei paesi più longevi al mondo, e questa non è una novità.
Come non lo è la notizia dell’Ocse sull’invecchiamento della popolazione in corso in tutto il mondo, con un ritmo sostenuto nei prossimi 25 anni.
Conseguenza naturale è l’aumento dell’età pensionabile. Si andrà in pensione sempre più tardi: un aspetto che interessa tutti e che non può essere sottovalutato per il futuro e la serenità economica delle nuove generazioni.
In media nei Paesi dell’Ocse, su 100 persone tra i 20 e i 64 anni, passeremo da 33 over 65 nel 2025 a 52 nel 2050. Parliamo del 19% in più rispetto al 2000. Il Paese in cui tale aumento sarà più marcato, arrivando al 50%, è la Corea. Per Spagna, Grecia, Italia, Polonia e Repubblica slovacca dovrebbe raggiungere oltre 25 punti. Tale percentuale rappresenta il carico economico degli anziani sugli occupati ed è indice di un fenomeno strutturale di dipendenza, presente nel sistema pensionistico a ripartizione, in cui le pensioni vengono pagate da chi sta versando i contributi.
Insieme all’aumento della longevità, cammina la riduzione delle persone attive che lavorano, attesa nei prossimi quaranta anni in diminuzione di oltre il 30% in Italia, Estonia, Grecia, Giappone, Corea, Lettonia, Lituania, Polonia e Repubblica Slovacca.
L’invecchiamento della popolazione e la denatalità in corso rappresentano problemi strutturali per i conti di bilancio, data l’impossibilità di poter aumentare la spesa pubblica da destinare alle pensioni che, secondo l’Ocse, si attesta a circa il 16% del Pil. Ricordo che nelle proiezioni della Ragioneria dello Stato è attesa a circa il 14% nel 2070.
Entrando nello specifico dei numeri relativi all’Italia, permane un forte divario di genere, altro problema strutturale, divario superiore del 23% alla media Ocse.
Ma se superare i 70 anni per andare in pensione quasi non sorprende più, a quanto ammontano gli stipendi medi dei Paesi più interessati dal fenomeno?
In base ai dati Ocse del 2024, in Italia lo stipendio medio netto si attesta su 24.797 €, poco più di 2.000 € al mese.
In Estonia è di 19.023 €; in Grecia 18.709 €; in Giappone 4.230.491 Yen, poco più di 23.000 €; in Corea 46.029.937 Won, circa 26.978,61 €; in Lettonia 14.550 €; in Lituania 15.909 €; in Polonia 73.209 Zloty, circa 17.291€; in Repubblica Slovacca 14.070 €.
Da questa panoramica emerge come, in generale, i Paesi interessati non hanno alti stipendi medi.
In Italia, oggi, stimiamo un tasso di sostituzione in pensione intorno al 70% per i dipendenti pubblici, che può scendere al 60% per i dipendenti privati e sotto il 50% per gli autonomi.
L’allarme lanciato sui conti pubblici dall’Ocse va guardato, a mio avviso, con un allarme più importante che riguarda con quanto si andrà in pensione, viste le attuali proiezioni, perché quello sarà il tenore di vita con cui fare i conti in futuro.
Dalle cifre degli stipendi attuali che sono la fonte della futura pensione, risulta evidente per l’Italia come l’allungamento del ciclo di vita in avanti dei giovani che iniziano a lavorare e a diventare indipendenti economicamente più tardi, insieme al divario di genere, proiettino un futuro sul quale le azioni di oggi sono determinanti per restituire alle persone una dignità di vita in pensione.
Obiettivo che dovrebbe essere perseguito prima dell’equilibrio dei conti pubblici, che pur ha un peso importante nel funzionamento e nelle regole dell’attuale sistema economico italiano per renderlo sostenibile.
Occorrono politiche occupazioni solide e mirate, non basta responsabilizzare l’individuo.
Il futuro si costruisce nel presente.
Maria Luisa Visione