Alcune notizie, nonostante disegnino importanti scenari all’orizzonte sul futuro controllo delle politiche fiscali nazionali, passano di volata come un piccolo seme che ancora deve germogliare.
L’argomento invece, a ben guardare, fa intravedere il futuro assetto governativo dell’UE, i suoi pesi e contrappesi e il reale ruolo dei Paesi al suo interno, quindi, anche quello dell’Italia.
La notizia è che il Ministro delle Finanze (fonte Bild, il tabloid tedesco più letto in Europa) Wolfgang Schaeuble starebbe lavorando ad un’ipotesi per consentire ai Paesi dell’UE di far fronte a periodi di congiuntura negativi e a catastrofi naturali, attingendo ai fondi del Meccanismo di Stabilità Europeo (ESM in inglese). Il quotidiano segnala che, passando dalla porta di servizio, i soldi dei contribuenti tedeschi finiranno a beneficio della crescita di Paesi diversi dalla Germania, soprattutto Italia e Francia. Tuttavia, tale punto di vista non tiene conto del vero funzionamento del Meccanismo.
Il nome MES, prima noto come Fondo Salva Stati, fa ben pensare. Regolamentato da un accordo intergovernativo esterno al Trattato di Lisbona, è stato ratificato dal Parlamento italiano nel luglio 2012. Vi aderiscono 17 Paesi dell’Eurozona. Nasce sulla scia del default di Stato da evitare e i Paesi aderenti sono, a tutti gli effetti, dei soci che, in caso di necessità, prendono a prestito i soldi necessari. Il capitale di dotazione del MES deriva dai versamenti dei soci, calcolati in base a un impegno definito a monte per complessivi 700 miliardi. Allo stato attuale il capitale ammonta a 80 miliardi di euro, dei quali 22, sono stati versati dalla Germania e più di 14 dall’Italia.
Nella ripartizione concordata, il contributo dovuto pesa in quota maggiore per 3 Paesi: Italia, Francia e Germania ed equivale rispettivamente a 17,914%, 20,386% e 27,146%. Notazioni particolari: la prima sulle principali decisioni sul funzionamento; vengono assunte dal Consiglio dei Governatori, organo di natura privata formato da un componente per ogni Stato membro, dal Commissario europeo per gli affari economici, dal Presidente dell’Eurogruppo e dal Presidente della BCE. La seconda: il meccanismo di voto per concedere i prestiti dipende dalle quote versate; più quote, più voti, alla stregua di una S.p.A. Si evidenzia un gioco di forza che dipende dalla partecipazione degli Stati e che fa tendere la bilancia verso chi contribuisce maggiormente al budget di dotazione, in primis Germania. La notizia di Schaeuble è dunque servirsi del MES per ingerire nelle politiche fiscali degli Stati che si rivolgono al Meccanismo in caso di bisogno. In cambio degli aiuti lo stesso MES dovrebbe, infatti, acquisire “maggiore influenza nelle politiche di bilancio degli Stati dell’Eurozona”.
In sostanza quindi, gli Stati versano soldi sottraendoli alle esigenze di spesa pubblica che, un organismo sovranazionale, deciderà di prestar loro in caso di default e, se il piano allo studio dovesse andare in porto, anche in casi di forte congiuntura negativa (per attuare riforme strutturali) o di emergenze come per esempio un terremoto. Per usufruire delle risorse versate, la contropartita è cedere qualcosa, ovvero ulteriore sovranità nazionale di politica fiscale.
Non sorprendiamoci se domani sarà un organo tecnico, non soggetto a disciplina comunitaria, a controllare i bilanci degli Stati dell’Eurozona. E il MES chi lo controllerà? All’art. 35 dell’accordo i suoi componenti “godono dell’immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti nell’esercizio ufficiale delle loro funzioni e godono dell’inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti”.
Maria Luisa Visione