Piogge intense, vere e proprie bombe d’acqua e conseguenti inondazioni di portata non indifferente sono fenomeni sempre più frequenti nel nostro Paese e in tutto il mondo. Calamità naturali diventate un rischio più vicino a causa dei cambiamenti climatici in atto e dei forti livelli di urbanizzazione che caratterizzano alcune aree geografiche.
Può capitare, come è successo a me, di ritrovarsi l’automobile disegnata da bozzetti, apparsi dopo una violenta grandinata, in ritorno da un viaggio di lavoro, senza averlo minimamente messo in conto. Niente a che vedere, certo, con le perdite umane e i danni materiali che le catastrofi naturali hanno provocato anche di recente. Rischi diversi da quello sismico, aggravato spesso dalla inadeguata conservazione degli edifici con il quale, purtroppo, abbiamo dovuto fare drammaticamente i conti dal 1950 al 2017, in momenti indimenticabili e con perdite inestimabili in molte regioni italiane; ricordo per tutte la Sicilia (1968), il Friuli Venezia Giulia (1976), la Campania (1980), l’Abruzzo (2009), l’Emilia (2012), il Lazio (2016).
Purtroppo accade che a fattori esogeni imprevedibili che aggravano la già naturale pericolosità geomorfologica e idraulica dell’Italia, si aggiungano elementi umani come l’abbandono delle aree montane, della manutenzione dei versanti e dei sistemi di terrazzamento superficiale, la cementificazione diffusa, l’eccessivo consumo del suolo e l’espansione urbana senza limiti.
Il neo di ciò è la gestione economica che diventa ancora più complessa e onerosa, a causa della mancanza di interventi pubblici di prevenzione e di mitigazione di tali rischi. C’è inoltre un diffuso problema mondiale di moral hazard, ovvero di avere scarsa propensione ad adottare coperture assicurative private ex-ante e ad aspettarsi, invece, ex-post la mano dello Stato, tanto è vero che, paradossalmente, mentre le perdite causate da calamità naturali aumentano, le misure di protezione in autonomia, quali assicurazioni e risparmio prudenziale risultano non sufficienti, se non addirittura in diminuzione nel tempo (fonte dati SwissRe 2016).
Qual è la situazione in Italia? Le coperture private contro le calamità naturali riguardano solo il 2,4% delle abitazioni totali, di cui si assicura in prevalenza il rischio sismico e meno quello alluvionale, a conferma di una ancora bassa diffusione di tali strumenti. Il tema non è di agevole soluzione, ma va affrontato.
Ad esempio in Francia, alla diffusissima polizza assicurativa abitativa di base per l’incendio, è stata estesa obbligatoriamente la copertura supplementare contro le calamità naturali, favorendo la mutualità, quindi la possibilità di proteggersi a un costo basso, dato che tutti si assicurano, ma, per fortuna, il risarcimento del danno avviene solo per pochi al verificarsi dell’evento. A questo si aggiungono gli sgravi fiscali che incentivano il processo.
All’opposto c’è il Regno Unito che (come per gli Stati Uniti) non vede una politica di indirizzamento marcata da parte del legislatore pubblico, ma che adotta uno schema volontario per il rischio di alluvioni, chiamato FloodRe. Si tratta di una modalità di cooperazione tra settore pubblico e privato che permette a coloro che risiedono in aree fortemente a rischio di potersi assicurare a prezzi accessibili, grazie all’intervento di un fondo di riassicurazione non-profit di tipo pubblicistico, senza il quale non sarebbe possibile un costo di copertura sostenibile. Si incentiva in questo modo la cultura assicurativa e l’azione individuale, supportando le famiglie a basso reddito a proteggersi.
Si può pensare a molte iniziative, prendendo ad esempio schemi di altri Paesi già testati, ma occorre farlo in ogni caso contemporaneamente a un’opera preventiva di messa in sicurezza del territorio e degli edifici, in modo da favorire gradualmente la transizione ad un modello che abbassi il rischio esistente favorendo l’adozione di coperture in autonomia e eviti di intervenire solo dopo gli eventi sfavorevoli, con costi sociali molto più alti, in tutti i sensi. Le detrazioni fiscali ai premi assicurativi privati per il rischio naturale da terremoto, frane e alluvioni, del 19% introdotte in Italia nel 2018 sono poca cosa e vanno coordinate con interventi massicci di leva fiscale e una visione globale del problema.
Il tema dei rischi ambientali è sinonimo di cambiamento e non è destinato a spegnersi, dettando anche l’agenda politica, se si abbandona la miopia. Può essere un’occasione per coniugare educazione assicurativa e fiducia nelle istituzioni.
Pensate alla mia automobile, danneggiata da un rischio naturale del quale rispetto a ieri dovremo abituarci a parlare in futuro.
Maria Luisa Visione
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