Considerare il conto corrente il porto sicuro del denaro sembra essere ancora una convinzione radicata, stando ai dati dell’ultima rilevazione di Analisi & Ricerche Fabi.
Rispetto al 2023, nel 2024, la liquidità sui conti correnti degli italiani sale di quasi 20 miliardi di euro, dopo due anni consecutivi di contrazione. In particolare, le famiglie hanno aumentato i loro depositi di 12,3 miliardi (+1,1%), arrivando a 1.141,1 miliardi di euro.
Come interpretare questi numeri? Il carovita del 2022 e del 2023 ha eroso la liquidità accantonata, e siamo lontani dal picco di liquidità registrato nel 2021. D’altra parte, il nuovo aumento segnala la ripresa della costituzione di nuovo risparmio, in un contesto di inflazione ridotta, anche se, a mio parere, la percezione che l’inflazione sia scesa non è così netta, perché si scontra con un aumento dei prezzi consolidato sui beni di larga diffusione.
Tanto è vero che è notizia Codacons quella di come il caro-burro spinga al rialzo i prezzi dei dolci; di fatto, tutto il settore dolciario sta risentendo della crisi delle materie prime, con rincari che riguardano cacao e cioccolato. Ha fatto il giro del web il prezzo delle frappe di Carnevale di una nota pasticceria: 100 euro al chilo.
Consultando altri dati, quelli di uno studio condotto dal Centro di formazione e ricerca sui consumi in collaborazione con Assoutenti, da un confronto dei dati Istat relativi ai consumi e all’inflazione registrati in Italia dal 2019 ad oggi, risulta che la spesa per consumi delle famiglie italiane si è ridotta, in termini reali, in media di oltre il 9%. Ovvero ciò che viene di fatto acquistato in quantità di beni e servizi è meno, riducendo i volumi.
I tagli registrati interessano la spesa alimentare e quella su abbigliamento e calzature. Drastico calo della spesa per la casa. Scendono anche la spesa reale per i trasporti e la spesa per la salute. Cresce, invece, la spesa per Servizi ricettivi e di ristorazione. Non si rinuncia, invece, alla spesa per caffè e tè, che aumenta.
Quando, però, proviamo ad analizzare il nostro carrello della spesa, non è detto che ci ritroviamo nelle stesse tendenze che ci raccontano le indagini o il paniere Istat.
Abbiamo l’occasione di farlo: analizziamo come sono cambiate le nostre abitudini di consumo rispetto all’anno precedente; servirà a capire su quale categoria di spesa dirigiamo il denaro, ciò a cui non vogliamo rinunciare e come abbiamo affrontato soggettivamente il caroprezzi.
L’aumento della liquidità sui conti correnti, a mio avviso, potrebbe derivare anche da una minore propensione a spendere generata dall’incertezza, e questo non è detto che sia un bene, perché non favorisce ripresa e consumi, e il circolo virtuoso del PIL.
Aspetto in linea con la propensione ad accumulare liquidità e a non investirla anche per venti anni, senza rendersi conto che si è evitato il rischio di mercato, ma si è accettato il rischio da inflazione. Rischiando, appunto, di ridurre di fatto la ricchezza reale, perché il valore nominale è solo un’illusione monetaria.
E voi cosa ne pensate?
Maria Luisa Visione
Altro elemento di valutazione: l’aumento dei tassi di interesse, dovuto alla politica monetaria restrittiva della BCE, ha contratto il credito alle famiglie e i finanziamenti alle imprese. Mentre, a seguito dei tagli operati il mercato dei mutui vede una ripartenza, che si traduce in potenziali maggiori investimenti, ed effetti positivi sulla crescita del mercato immobiliare.
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