Economia

La realtà dei fatti sgretola decenni di liberismo economico

Una crisi economica senza precedenti! 

La storia consegnerà a questi tempi un primato che si assegna ordinariamente ai periodi di guerra: con quali occhi i posteri leggeranno un mondo che fino a meno di un anno fa sembrava intoccabile sul tassello della globalità?

Sembra essere proprio tale l’unico conforto: nessuno è indenne, il problema riguarda tutti, indistintamente. Il virus, la sua paura e le conseguenze economiche dei confinamenti si sono distribuiti alla stessa velocità del mondo globalizzato che abbiamo costruito, seguendone regole, usi e costumi. Riportando nei recinti dell’isolamento il lavoro, la socialità, lo spettacolo, lo sport, la scuola, la cultura, la bellezza artistica e storica, sostituiti solo in parte dall’era digitale e dalla tecnologia che fino a ieri risultavano per molti incomprese e non necessarie, mentre oggi vengono considerate funzionali, strumenti utili per andare avanti.

Un ricorso storico inaspettato, o forse un arretramento improvviso che ci ha condotto dall’apertura delle frontiere durata decenni alla chiusura a zone in circa nove mesi, asseritosi con la forza e l’irruenza che avrebbero potuto avere solo le grandi rivoluzioni.

L’ultimo Decreto si chiama Ristori bis; dalle dichiarazioni istituzionali pubblicate, proprio oggi, in diversi, aprendo il conto corrente, hanno ricevuto un accredito: contributi a fondo perduto del primo Decreto Ristori.

Si parla di 964,8 milioni di euro a favore di 211.488 imprese, quelle più colpite dalle misure di contenimento della seconda ondata dell’epidemia. La novità è che nella rosa dei beneficiari ci sono anche 154mila bar, pasticcerie, gelaterie e ristoranti per un importo di oltre 726 milioni di euro e 25mila operatori dell’ospitalità per 106 milioni di euro. 

Il Decreto Ristori bis prevede un ampliamento delle categorie beneficiarie rispetto al precedente e un aumento in percentuale del ristoro per coloro che registrano ulteriori restrizioni all’esercizio dell’attività produttiva.

In particolare, si aggiungono 57 nuove categorie costrette alla chiusura. Qualche esempio. Negozi di abbigliamento, ambulanti, servizi per gli animali, agenzie matrimoniali, ma anche chi fa piercing e tatuaggi, nonché chi vende elettrodomestici o è titolare di un sexy shop. Ancora: bus turistici, trasporti lagunari, fotoreporter, traduttori, produttori di fuochi d’artificio, lavanderie industriali, chi fa corsi di danza, negozi di bomboniere. Ci sono poi le guide alpine, i musei, le biblioteche, i monumenti, gli orti botanici e gli zoo. Infine, ristorazione senza somministrazione e internet point. 

Mentre leggo tutti i nuovi codici Ateco penso che da questa crisi economica non si salva nessuno perché ogni cosa è collegata, non ci sono attività economiche e settori indipendenti. Quindi, tornando al ragionamento della storia, il frutto di decenni di liberismo economico, di un sistema imperniato sulla libertà di mercato, in cui lo Stato deve limitarsi a garantire giuridicamente la libertà economica intervenendo solo per provvedere ai bisogni della collettività che non possono essere soddisfatti dall’iniziativa individuale, il contrario del protezionismo, si è sgretolato in un attimo davanti al Covid 19.

Senza l’intervento dello Stato oggi Paesi come l’Italia diventano fragilissimi, non solo vulnerabili. In termini numerici sono come le aziende che devono svendere i beni preziosi di famiglia realizzati nel tempo.

Quanto lo Stato potrà intervenire concretamente e se basterà, senza sovranità monetaria e poteri di politica fiscale autonomi, è un’altra questione.

Ma intanto, per coloro che hanno ricevuto l’accredito, spero che questa possa essere una giornata di sole e di speranza.

Maria Luisa Visione

Francesco Laezza

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Francesco Laezza
Tags: crisi

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