La terra trema di nuovo. La discussione con Bruxelles sull’innalzamento di qualche decimale di deficit per l’emergenza terremoto stimola riflessioni sulla natura strutturale degli interventi che dovrebbero riguardare la messa in sicurezza e la tutela del patrimonio culturale e architettonico italiano. E’ difficile affrontare questo tema. Il valore della vita non ha prezzo e non ci sono parole per descrivere cosa si possa provare a dover abbandonare la propria casa. Scorrendo l’ultima bozza della legge finanziaria 2017 di qualche giorno fa, nel riferimento al terremoto del 24 agosto, cerco di comprendere l’entità delle risorse stanziate per la riparazione, la ricostruzione, l’assistenza alla popolazione e la ripresa economica nei territori interessati dagli eventi sismici di quella data.
Nella bozza si autorizzano:
- 100 milioni di euro per il 2017 e 200 milioni di euro annui dal 2018 al 2047, per la concessione del credito d’imposta legato ai finanziamenti agevolati, di durata venticinquennale, per la ricostruzione privata;
- 250 milioni di euro per il 2017; 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e 150 milioni di euro per il 2020, per la concessione dei contributi destinati alla ricostruzione pubblica;
- 300 milioni di euro destinati dalle Regioni colpite come ulteriori risorse incluso il cofinanziamento nazionale.
Inoltre, con la legge di bilancio 2017 arriva la misura del cosiddetto sismabonus, agevolazione fiscale che incentiva condomini e abitazioni singole al miglioramento di 2 classi di rischio, consentendo la detrazione delle spese sostenute in 5 anni, a partire dal 50% e fino all’85%. Lo sconto è esteso alle seconde case e alle attività produttive che si trovano nelle zone sismiche 1 e 2, considerate ad alta pericolosità, ma, anche 3 (fonte Ansa).
Mi chiedo se esista una mappatura dei rischi sismici di ogni singola abitazione, di ogni monumento, bene architettonico e culturale presenti in Italia. Perché, a gran voce, risuona la frase che “bisogna abituarsi a convivere” con la sismicità che caratterizza il nostro Paese. Cosa vuol dire conviverci? Occorre gestire il rischio sismico e mettere in atto comportamenti e azioni mirati per la tutela delle persone e del territorio. Qual è il costo per un Piano nazionale di sicurezza antisismica? Con quali risorse e in quanto tempo intendiamo realizzarlo?
Più di un Governo ha cercato di introdurre la discussione sulla necessità di creare strumenti assicurativi privati che includano le calamità naturali. In questo modo, si vorrebbe trasferire al cittadino la tutela del rischio sismico, affermando che tale tutela non deve essere una funzione assistenziale dello Stato. Penso che, al di là del costo, più o meno alto o sostenibile che ne potrebbe derivare, la protezione del nostro territorio sia un dovere dello Stato nei confronti dei cittadini. Come è scritto nella Costituzione, all’art. 9: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Il governo giapponese ha previsto un totale di 32 mila miliardi di yen (circa 280 miliardi di euro) per i dieci anni del processo di ricostruzione, dopo i tragici eventi del 2011, con l’obiettivo di completare la ricostruzione entro il 2020.
Certo, numeri, eventi e storia diversi. Ma anche altra sovranità.
Maria Luisa Visione