Uscire anticipatamente dal mondo del lavoro per ritrovare la libertà di vivere la vita secondo i nostri desideri è un’aspirazione che si misura con i numeri. La sfida per usufruirne è trovare la quadra tra l’età, l’importo dell’assegno pensionistico e il trade-off costi-benefici individuali. Soluzione complessa anche per il Governo, poiché maggiori vantaggi per i destinatari comportano necessità di ulteriori risorse finanziarie da mettere in bilancio. Ritrovarsi nella condizione di aver varato una misura che non funziona o non risulta appetibile per l’utente non è più plausibile, vista l’attenzione che ormai suscita il tema pensioni. Così l’APE diventa un progetto da sperimentare, a partire dal 2017 e fino al 2018.
L’anticipo pensionistico è rivolto a chi ha raggiunto almeno i 63 anni di età e consente di lasciare il lavoro con 3 anni e 7 mesi di anticipo, rispetto ai requisiti minimi introdotti con la legge Fornero. Per accedere all’APE, oltre al requisito anagrafico, sono richiesti 20 anni di contribuzione. Il costo dell’anticipo varia, a seconda della categoria di appartenenza, poiché, al di della volontà di fare una scelta personale, in alcuni casi, la decisione dipende dalla condizione economico-sociale del destinatario. Per questo spunta l’APE social rivolta ad alcune categorie meritevoli di tutela: lavoratori disoccupati di lunga durata, invalidi e/o altre situazioni di disagio, da definire sulla base della soglia economica minima dell’assegno pensionistico maturando di 1200 euro netti mensili (ovvero 3 volte il minimo Inps). Per tale categoria lo Stato si accollerà buona parte dei costi di restituzione dell’anticipo, grazie a specifiche detrazioni fiscali. Di conseguenza, la rata di restituzione potrebbe variare da 0 al 3% di decurtazione del trattamento pensionistico. Previsione di rata contenuta in confronto a quella dei lavoratori appartenenti alle categorie non protette, per i quali la restituzione del prestito ventennale è ipotizzata in un prelievo che oscilla da poco meno del 5% al 7% dell’importo della pensione. Infine, ci sono i lavoratori coinvolti in una eventuale ristrutturazione causata da crisi aziendale che potrebbero avere il beneficio di un minor costo; parte della restituzione sarebbe a carico dell’azienda, configurando una rata variabile da 0 al 3% dell’assegno pensionistico. Per tutti il prestito non prevede garanzie su beni reali e, in caso di premorienza, non rimarrà a carico degli eredi.
A prima vista, non sembra emergere un vantaggio economico quantitativo per i destinatari dell’APE volontario, mentre, forse una volta chiariti definitivamente sul tavolo politico Governo-sindacati i numeri dell’APE social e definita la provvista economica necessaria, per le categorie più deboli potrebbe essere opportuna una valutazione individuale, caso per caso.
L’Istat ha appena certificato che i giovani che vivono ancora in famiglia con i genitori sfiorano la quota di 7 milioni. Si tratta di futuri pensionati, che solo attraverso i versamenti contributivi derivanti dal lavoro, potranno contare in futuro sulla possibilità di scegliere una vita qualitativamente migliore. Sono studenti (35,5%), disoccupati (29,7%) ma anche occupati (31,8%) under 35 dei quali bisogna occuparsi oggi. Perché, in alternativa, occorrerà farlo comunque domani.
Maria Luisa Visione