Economia

Lavoro in agricoltura: opportunità e sicurezza

Lavoro in agricoltura: opportunità e sicurezza. Coldiretti Siena ospita nella Sala San Donato di BMps il convegno contro il capolarato

Dal capolarato alla sicurezza sul lavoro fino anche alle nuove opportunità per le aziende. Di questo si è parlato oggi al convegno “Il lavoro in agricoltura: nuove opportunità”, organizzato da Coldiretti Siena con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e ospitato nella Sala San Donato di Banca Monte dei Paschi di Siena, gremita di pubblico e con la presenza del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri colonnello Stefano Di Pace e quello della Guardia di Finanza colonnello Carlo Vita, oltre che delle rappresentanze sindacali di settore di Cgil, Cisl e Uil.

Ad aprire i lavori il direttore di Coldiretti Siena Simone Solfanelli, che ha fortemente voluto questo appuntamento. Perché il caporalato è un problema diffuso in Italia, secondo l’Istat il lavoro irregolare in agricoltura, che si traduce in caporalato, è in costante crescita da 10 anni a questa parte.

Non essendoci dati ufficiali dettagliati le stime non sono esatte, ma viene quantificato che in Italia il fenomeno del caporalato interessa dalle 400mila alle 430mila persone soggette a sfruttamento, sia italiane che straniere.

Per Rosaria Villani, direttrice dell’Ispettorato territoriale di Siena “Nel territorio senese, al momento il fenomeno non presenta grandi caratteristiche di natura stanziale, ma è correlato maggiormente alle realtà di territori limitrofi.

Per far fronte a questo fenomeno è stato messo in campo dal 2016 un Protocollo specifico grazie ad un lavoro congiunto dei Ministeri dell’Interno e del Lavoro e delle Politiche Agricole, con l’obiettivo di colpire il fenomeno del caporalato e migliorare le condizioni di assistenza ai lavoratori coinvolti.

Tra queste attività rientra una recente indagine ispettiva che ha portato alla luce un sistema di caporalato che coinvolgeva anche l’area senese e interessava una cinquantina di lavoratori di origine curda, pakistana e africana.

“È indubbio che anche attraverso un efficace ed efficiente sistema dei controlli – ha concluso Rosaria Villani – è possibile perseguire l’obiettivo di un lavoro dignitoso, motore dello sviluppo economico sostenibile”.

Attraverso un sistema efficace di controllo si possa giungere ad una condizione di riduzione del fenomeno del caporalato” Ing Danilo De Filippo “Le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare e nella gestione del mercato del lavoro attraverso la pratica del caporalato muovono in Italia un’economia illegale e sommersa che va dai 14 ai 17 miliardi di euro. Inoltre il fenomeno del caporalato non è stanziale, e la Provincia di Siena potrebbe divenire, per la sua forte caratterizzazione agricola, una zona molto appetibile.”

Il sistema del caporalato ha una gerarchia ben precisa, in base anche alle differenti etnie.

Letizia Cesani, presidente del Consorzio della Vernaccia di San Gimignano, ha parlato dell’esperienza che la vede protagonista: “Noi rappresentiamo un settore produttivo importante, con una serie di aziende che lavorano per e sul territorio, e lavorare nella legalità per noi è un grande valore. A San Gimignano nel 2015 è iniziato un percorso con il polo di sicurezza del lavoro e la Usl di Siena, firmando con loro e con le parti sociali un protocollo di garanzia dei trattamenti rivolti ai lavoratori che si trovavano in azienda in appalto, quindi dipendenti di ditte esterne”.

Servono maggiori misure di controllo nella verifica delle generalità del lavoratore: identità, residenza, formazione specifica, uno strumento che permette di avere un controllo reale sui lavoratori impiegati in azienda.

“E essenziale per i nostri agricoltori avere degli strumenti semplici ed efficaci da utilizzare – ha proseguito Letizia Cesani – nei prossimi tre anni vogliamo creare un Albo al quale le nostre aziende potranno attingere in tutta sicurezza”.

Per Romano Magrini, Capo Area Gestione del Personale, Lavoro, e Relazioni Sindacali Coldiretti Nazionale “Noi siamo stata l’unica organizzazione che ha combattuto affinché fosse approvata la legge sul caporalato. La maggior parte delle imprese agricole sono oneste, aziende che non sfruttano il lavoro e i lavoratori.

Recentemente abbiamo fatto il punto della situazione con i Ministeri dell’Interno e del Lavoro e delle Politiche Agricole a distanza di un anno dall’introduzione della legge sul caporalato, i casi individuati e scoperti in Italia sono stati 54 tra nord, centro e sud.

Nella maggior parte dei casi è venuto alla luce uno sfruttamento becero dei lavoratori. Le imprese coinvolte nello sfruttamento non hanno niente a che vedere con l’agricoltura italiana, sono dei veri e propri delinquenti”.

“Sono strumento – ha chiarito il colonnello dei carabinieri Di Pace, portando ad esempio esperienze vissute sul lavoro anche in altre città – delle organizzazioni mafiose”.

“Le imprese che utilizzano il caporalato creano un danno ai lavoratori onesti, immettendo sul mercato prodotti sotto costo facendo concorrenza sleale – ha concluso Magrini – il rischio è che il caporalato possa ledere il Made in Italy, oltre che i lavoratori. Perché spesso ci troviamo di fronte a prodotti che vengono dall’estero, frutto di un ‘caporalato bianco’ che porta alla messa in commercio di falsi Made in Italy e di merce prodotta con metodi e sostanze che in Italia sono vietati da anni perché nocivi per la salute e per la sicurezza, prodotti che nascono sfruttando i lavoratori e che mettono a rischio la qualità e l’etica del vero prodotto italiano”.

Arianna Falchi

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