Tracciamo l’identikit dell’investitore in base ai risultati del “Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane” del 2022. Molti sono gli aspetti di riflessione all’interno dell’indagine, ma ne esploreremo soltanto alcuni; quelli che, dal mio punto di vista, risultano particolarmente indicativi nel delineare un profilo tipo e nel comprendere come la bassa cultura finanziaria influenzi qualsiasi decisione, consapevole o meno.
Gestire le finanze personali è difficile? Se è così, perché lo è? Dipende dal contesto, oppure dal rapporto personale con il denaro?
È l’80% degli intervistati a ritenere complessa la gestione delle proprie finanze, a causa del contesto. L’inflazione impatta sulla capacità di spesa, erodendo reddito e ricchezza finanziaria; aumenta il disagio economico, di conseguenza. Su una scala da 1 a 10, l’attitudine alla gestione del denaro non raggiunge la sufficienza, posizionandosi a 5,3. L’indicatore sintetico deriva da tre fattori: l’inclinazione all’ansia finanziaria, pari, nel 2022, al 36%; la percezione di auto-efficacia e la difficoltà “avvertita” nel riuscire a pianificare con un orizzonte di lungo periodo. Entriamo nel dettaglio per capire perché il rapporto con il denaro genera ansia, dato che si ha una certa dose di overconfidence, e l’opinione che pianificare a lungo termine sia difficile è meno diffusa, rispetto al 2021.
Solo il 50% del campione comprende il concetto di diversificazione degli investimenti; rimangono al di sotto del 60% le conoscenze su conto corrente, azioni, obbligazioni e fondi comuni di investimento; oscilla tra il 20% e il 49% la familiarità con le nozioni di rischio di credito, di mercato e di liquidità; infine, più di un terzo di coloro che lasciano i risparmi sul conto corrente, e circa un quarto di coloro che indicano l’inflazione come fattore di difficoltà, non coglie l’impatto reale della crescita dei prezzi sul potere di acquisto del denaro. Alla luce di queste percentuali, dobbiamo interrogarci su quanto sia consapevole la decisione finanziaria assunta.
Su questo fronte, aspetto di particolare rilievo è quello che riguarda la disponibilità ad aumentare le proprie conoscenze finanziarie, soprattutto rispetto alle decisioni più importanti: il 66%, si dichiara disponibile, 10% in più, in confronto al 2021. Un dato bello che fa emergere la percezione di voler migliorare la propria cultura finanziaria per comprendere, applicare e decidere. Nella pratica, però, diminuisce del 4% la percentuale di chi definisce un bilancio familiare (12%, contro 16% del 2021) e aumenta chi risparmia in modo occasionale (44% contro 37% del 2021). Inoltre, l’identificazione di bisogni e aspirazioni con l’indicazione delle relative priorità è menzionata solo dal 18% degli intervistati, mentre monitora le spese solo il 20% di chi le pianifica effettivamente.
Sulla percezione di auto-efficacia non cambia molto, a livello generale, ma l’investitore con un’esperienza superiore a dieci anni, mostra cultura finanziaria più elevata e si avvale, più di frequente, della consulenza finanziaria. Però, anche in questo caso, la consapevolezza del servizio, per chi si avvale di un professionista, lascia a desiderare: solo il 39% sa che la prestazione è riservata ai soggetti iscritti all’Albo unico dei consulenti finanziari; solo il 34% sa che la consulenza è un servizio a pagamento; circa il 60% dichiara di non essere disposto a pagare.
In conclusione, la bassa conoscenza finanziaria non aiuta a ridurre la complessità, ed è sempre più evidente la necessità di acquisire competenze, sia per raggiungere un rapporto sereno con il denaro, che per maturare la consapevolezza di riconoscere il valore, qualitativo ed economico al professionista che si sceglie.
Maria Luisa Visione