Escono i dati Istat sulla povertà assoluta in Italia nel 2024. E quasi d’improvviso il nostro Paese mostra una ferita che negli ultimi anni non siamo riusciti a guarire. Anzi, il malessere si è cronicizzato in uno stato di fatto dal quale sembra difficile tornare indietro.
5,74 milioni di individui in povertà assoluta che rappresentano ben il 9,8% dei residenti.
2,22 milioni di famiglie che versano in una condizione di indigenza.
Nonostante siano passati quasi 5 anni dalla pandemia, nonostante la risalita dell’inflazione si posizioni nel 2022 come evento shock, nonostante si parli di crescita economica, di fatto, non abbiamo avuto cambiamenti positivi sul fronte della povertà rispetto al 2023. C’è da chiedersi, dunque, quali politiche economiche sociali vengano destinate ad un fenomeno così importante e perché non siano state efficaci per farlo arretrare.
Il fenomeno della povertà, in Italia, non appartiene soltanto al Sud, come si potrebbe pensare erroneamente. Negli ultimi dieci anni al Nord la cifra di poveri è raddoppiata.
Se da una parte il Nord si trasforma da isola felice di una volta in un nuovo mondo con nuove complessità e contraddizioni, le Isole peggiorano sempre di più registrando un aumento dell’1,5% sul dato già acquisito. Isole, che da lontano raccontano un paesaggio ancora più solitario e dimenticato.
In questa rubrica tratto il tema della povertà da sempre e, purtroppo, dal 2014 ad oggi, pur avendo sottolineato la necessità di intervenire sui più vulnerabili, gli under 18 in povertà assoluta, anche in questa rilevazione, crescono significativamente. Sono 1,28 milioni, incidono per il 13,8%, e questa cifra rappresenta il valore più alto da quando è iniziata la rilevazione.
Un dato simile non può non creare tristezza, magone e senso di impotenza. Le nuove generazioni sono il futuro e non c’è la capacità di salvaguardarle, quando versano in uno stato di difficoltà dal quale solo un intervento del sistema pubblico può tirarle fuori.
La povertà non è una scelta imprescindibile dalla quale non si può tornare indietro. È una scelta politica di priorità e di denaro da destinare. E se ci sono limiti ai soldi da spendere allora va fatta una riflessione su qual è il sistema economico di riferimento in cui viviamo e su quanto esso consente di intervenire in ambito di politiche economiche sociali, senza dover rendere conto a regole che poco hanno a che fare con lo scopo, perché devono salvaguardare prima l’equilibrio dei conti.
L’altro aspetto in cui la povertà emerge è la composizione familiare; dove sono presenti soltanto stranieri la povertà assoluta incide per il 35,2%.
Si parla tanto di inclusione, di integrazione, e poi abbiamo divari così importanti, ancora più ampi nel Sud che raccontano una storia diversa, di nuove emergenze, non guardate, affrontate più dalla buona volontà del singolo e dalla sua umanità, che da un’azione sistemica efficace.
Per affrontare il problema della povertà bisogna ripartire dal lavoro e dall’occupazione, attuando i principi e i valori della nostra Costituzione. Lavoro che sia in grado davvero di dare dignità e di sostenere economicamente il lavoratore, affinché possa partecipare in maniera attiva alla vita sociale e allo sviluppo economico del nostro Paese. Eliminando, una volta per tutte, l’illusione, se quel lavoro, come accade, non è tale da non far versare in povertà assoluta, trasformandola in occupazione reale (8,7% delle famiglie in cui la persona di riferimento è un lavoratore dipendente vive oggi in povertà assoluta).
C’è ancora tanta strada da percorrere, ma cambiare questi numeri è un dovere.
Maria Luisa Visione